venerdì 26 agosto 2011

Stout d'Irlanda


Anche se a loro non fa molto piacere sentirselo dire, gli irlandesi hanno molto in comune con gli odiati inglesi. Stile di vita, abitudini, tradizioni, il turista distratto potrebbe non accorgersi delle differenze che ci sono tra un villaggio del Sussex e uno della contea di Mayo. Ma a parte il modo di parlare, le scritte in gaelico che imperversano ed un certo orgoglio che affiora tra lentigini e capelli rossi, il vero è unico modo per carpire lo spirito irlandese è uno e sempre uno: entrare in un pub. Perché se i pub inglesi, nonostante la diffusa e bellissima frequentazione socialmente trasversale, hanno un’aria aristocratica, regale, quasi ovattata, nei pub irlandesi c’è aria popolare, gioviale, piuttosto casalinga. In Irlanda non si decide di andare al pub, SI VA al pub. Punto e basta. E’ lì che passano il tempo gli operai dopo il turno, è lì che i pensionati parlano di cosa succede nel mondo e lì che si tracciano gli ultimi movimenti del gossip del vicinato. Tutto questo davanti ad una pinta di stout, l’oro nero che delinea un’altra fondamentale differenza con la terra d’Albione, dove regnano incontrastate le ale, bitter, brown o pale che siano. La stout è l’orgoglio d’Irlanda, perché in tutto il mondo questo piccolo paese ha il suo angolo di popolarità grazie a questa birra particolare, che in Italia non ha mai preso veramente piede e della quale non si conoscono quasi per nulla le tante possibilità di abbinamento gastronomico. E anche se ne esistono diverse etichette e sottotipologie, siamo abituati a bere quasi esclusivamente Guinness (che per altro produce tre tipologie di stout, la Draught, la Foreign Extra e la Extra Stout). Sicuramente il brand dell’arpa ha un certo dominio, in Irlanda come nel mondo, ma passando un po’ di giorni nel paese dei leprechauns si ha abbastanza facilmente la possibilità di provare varie stout irlandesi. Ecco il mio contributo dopo l’esperienza di una bellissima settimana tra le contee di Dublino, Clare, Galway e Mayo. Cheers.

Guinness Draught
Per capire l’importanza storica della Guinness in Irlanda basti dire che il governo negli anni 20, al momento della creazione della Repubblica ha dovuto chiedere loro il permesso per poter utilizzare l’arpa come simbolo nazionale, e cambiarne il verso per non replicare completamente lo stemma della fabbrica di birra di Dublino. La Guinness è un raro esempio di birra industriale (ha fabbriche in tutti i continenti) che ha saputo mantenere quasi intatto il livello di qualità. La Draught è la loro tipologia alla spina, quella che si deve spillare in tre tempi e quella che soffre maledettamente se lo spillatore non è avvezzo alla sua mescita. Poi ci sarebbe il mito che la Guinness cambia al di fuori dell’Irlanda. La realtà è che ancor più delle altre birre alla spina, la Guinness ha bisogno di essere sempre fresca, e quindi un fusto una volta un funzione deve durare il meno possibile per rendere al meglio. Bè, in Irlanda sono entrato in pub di paesini con meno di mille abitanti dove erano presenti                 QUATTRO fusti di Guinness, probabilmente destinati a finire in una sola serata. Quanto può durare un fusto di Guinness in un pub italiano? forse anche una settimana. E la differenza si sentirà, tutta, implacabile.
La Guinness Draught è nera con schiuma cremosa color latte. Al naso ricorda il cioccolato al latte, il malto tostato, un tocco di frutta secca. Ma è al palato che entusiasma, col il suo perfetto bilanciamento tra note dolciamare, la sua morbidezza e il suo sapore inconfondibile che vira dal caffè al pane appena sfornato. Incredibile bevibilità e grandissimo piacere innegabili. La complessità non è il suo punto di forza e tende ad essere una stout “facile” ma è difficile, quasi impossibile, rimettere giù il bicchiere. Da abbinare alla cucina di pesce irlandese, dal salmone all’ “haddock and chips”.

O’Hara Celtic Stout
Se la Guinness è la birra che segna la storia d’Irlanda, la O’Hara della contea di Carlow esiste da appena 15 anni. Dal 96 il birrificio ha fatto passi da gigante, numericamente e qualitativamente, raggiungendo la distribuzione in parecchi paesi con le sue birre di diversa tipologie, incluse ale, weizen e stagionali. La loro Celtic Stout, bevuta in bottiglia da mezzo litro, è nera con sottile top beige e profumo di liquirizia e caffè. Al gusto spicca subito una bella nota affumicata che ritornerà nel finale, intervallata da un forte accento di tostatura. A differenza della Guinness, si percepisce la presenza dell’anidride carbonica ed il corpo è leggermente più robusto, seppur con una scia che vira verso la leggerezza. Una bella stout da abbinare ad un piatto di formaggi importanti.

Porterhouse Oyster Stout
Porterhouse è un piccolo mito per gli amanti della birra artigianale. Nasce come microbirrificio a Dublino e ad oggi possiede ben quattro locali nella capitale irlandese (più uno a Covent Garden) nei quali si producono e si spillano birre realizzate secondo standard qualitativi molto alti, con l’utilizzo di luppoli e lieviti selezionati, senza aggiunte di prodotti industriali. La loro birra più nota è la Oyster Stout, una stout prodotta con  l’aggiunta di ostriche fresche durante la fermentazione. Questo ovviamente contribuisce a dare alla birra un sapore particolare, con una retrogusto abbastanza evidente di sale marino. Nera a sfondo rubino, con un discreto cappello di schiuma tra il bianco e ed il beige, questa stout colpisce il naso con ricordi di brezza marina, di cacao, frutti di bosco e di cenere, per arrivare al palato con sorprendente mineralità in un corpo ben dosato tra importanza e scorrevolezza. Cioccolato fondente, uva passa, note fruttate per una birra che rimane sulle corde dell’amaro senza rimanere monocorde. Di gran lunga la stout con più personalità e dal gusto più particolare, è anche quella che si presta al maggior numero di abbinamenti gastronomici, e che forse in generale si fa più apprezzare quando bevuta a tavola. Matrimonio scontato con le ostriche ma paradossalmente fa la sua figura anche con la carne, specialmente se di manzo e alla griglia.

Murphy’s Irish Stout
Potrà non dire molto fuori dall’Irlanda, ma il marchio Murphy’s nel mondo della birra ha un’importanza ed una storia notevole. Nato 150 anni fa a Cork, il birrificio è oggi il secondo più grande d’Irlanda e la sua birra è diffusa un po’ dappertutto, anche se con una fama offuscata dall’onnipresente Guinness. Un peccato perché la Murphy’s produce un’ottima e classica stout, di colore nero con top beige, un naso che cede molto malto e tendenze tostate, con note affumicate e un nonsochè di caramello. Gusto meno amaro delle altre stout (a tratti ricorda una oatmeal) ma bel corpo e bella cremosità. Si beve con molta faciltà ed alla fine risulta piacevolmente asprigna tra ricordi di caffè e ritorni di tostatura. Consigliata con frutti di mare e piatti saporiti a base di pesce.

Beamish irish Stout
Altro birrificio storico, anch’esso con sede a Cork, Beamish è il marchio che più si associa alla seconda città d’Irlanda, viste le numerose attività sociali e sportive che vengono promosse e sponsorizzate dall’azienda. Questa è una birra che gioca tutte le sue carte sulla piacevolezza del gusto, lasciando all’olfatto soprattutto note di malto tostato e luppolo, con una leggera sensazione di bruciato. In bocca però spicca la personalità, con un amaro ben presente (forse la vera nota che la distingue dalle altre stout commerciali), una schiuma cremosa che si fa quasi gustare col cucchiaino e note di ritorno di cioccolato e liquirizia. Quasi assente l’anidride carbonica. Come tutte le stout irlandesi, è versatile a tavola e si abbina bene ad un bel pasto “da pub” ma forse più delle altre si po’ godere appieno da sola, conversando, senza pensare troppo a ciò che succede fuori.