domenica 26 ottobre 2014

Sol 2010 - Castel Noarna

Uno dice Trentino e in automatico si pensa alle montagne ed ai paesini pittoreschi che ci nascono attorno. Freddo, neve, baite. Invece finchè non ci vai, in Trentino, non ti rendi veramente conto della diversità dei suoi paesaggi. Ci sono anche dei posti obiettivamente brutti in Trentino. Esci dall'autostrada a Rovereto Nord ad esempio, e ciò che si presenta davanti agli occhi non è esattamente incontaminato: zone industriali, fabbriche, ipermercati, stazioni di servizio ed un centro paese caotico e trafficato. Montagne in lontananza, ma nell'aria un caldo umido che quasi Roma sembra a due passi.

Fortunatamente a due passi c'è qualcosa di completamente diverso, oltre alla mezz'ora di curve in salita ripida per arrivare all'Altipiano di Folgaria ed i suoi mille e passa metri di spettacolo montanaro. Basta infatti uscire leggermente fuori dal centro abitato per scoprire i vigneti della Vallagarina, il regno del Marzemino e un habitat dove cresce bene quasi ogni vitigno, dai bianchi aromatici fino al Pinot Nero (è qui Elisabetta Dalzocchio ne produce una delle migliori versioni italiane), Ed è qui che, in leggera collina, sorge un suggestivo castello dove è sita una delle cantine più interessanti della regione. 

Si chiama Castel Noarna ed oltre ad essere un posto bellissimo è anche un luogo dove si producono vini trentini classici ma di grande personalità. Fa parte del progetto I Dolomitici 
messo in piedi da un gruppo di bravi vignaioli,grazie ai quale trovare un vino del Trentino che non sappia di industria è ora possibile. Ed a Castel Noarna la strada verso un gusto genuino è seguita da anni, e nel tempo i loro vini sono sempre meno patinati e sempre più veri. La loro Nosiola in purezza ad esempio è l'archetipo del vino tradizionale da tutti i giorni da bere senza stancarsi mai, ad un prezzo irrisorio. Ma il vino di cui voglio parlare oggi è un altro: il Sol, da Sauvignon Blanc in purezza.



La bottiglia da me aperta è una delle 1200 bottiglie prodotte nel 2010, la sua prima annata. E' un Sauvignon di classe, che riesce a colpire togliendo anzichè aggiungendo. Questo infatti è un Sauvignon senza eccessiva spinta aromatica, senza esuberanza, senza sfacciata morbidezza. Tutto ciò nonostante la permanenza in barrique prima dell'imbottigliamento. Com'è possibile allora, ma la barrique non è il male assoluto per la naturalità del vino? No, se le uve sono sane, se come in questo caso si fanno forti dei loro trent'anni di vigna, dell'assenza di filtrazione e di lieviti selezionati. Ecco allora la prevalenza della frutta bianca sul classico vegetale del Sauvignon, del balsamico, del minerale. E di una sensazione di "bontà" che ricorda l'eleganza dei migliori Sauvignon del Sancerre ma con un tocco distintivo di montagna. Dolomitico appunto.

Il Sol è un vino importante (18 euro in cantna) ma non è pesante. Si fa bere facilmente pur non facendo passare inosservata la sua caratura. E fa presagire una lunga vita per chi sa aspettare.

mercoledì 22 ottobre 2014

Hommage à Robert - Gilles Azzoni

Di alcuni vini riesco difficilmente a fare a meno. Magari non ce n'è sempre una bottiglia in casa, ma quando capito in enoteca e ne vedo una, ci giro intorno, rifletto che forse vorrei provare qualcosa di nuovo, ed alla fine, nove volte su dieci, vado a finire là. Una sorta di dipendenza che fortunatamente mi accade con vini dal prezzo contenuto, quelli da godersi tutti e subito, senza stare a pensare troppo all'abbinamento col cibo. Ed il vino per il quale recentemente posso dichiarami "addicted" è questo rosso dell'Ardeche (Loira) del quale fortunatamente il mio amico Antonio ha sempre una discreta scorta nella sua enoteca.

Il vino si chiama Hommage à Robert e lo fa un vignaiolo di nome Gilles Azzoni la cui cantina ha il poetico nome di Le Raisin et L'Ange (l'acino e l'angelo). Gilles è in effetti un pò poeta nel descrivere il suo mondo "Al Mas de Begude (il nome della tenuta) l'acino è il bambino, la vigna è la regina madre ed il vignaiolo è il pastore che l'accompagna". E differenzia in seguito l'accompagnatore dal "trasformatore", definendo il primo come qualcuno che accetta di dare priorità alle circostanze che possono anche modificare quelli che sono i suoi obiettivi di lavoro, mentre il secondo come colui che porterà a termine ciò su cui mette le mani facendone un qualcosa a sua immagine e somiglianza, probabilmente ignorando il contesto in cui si muove. Poche parole ma fondamentali per capire la sua filosofia di lavoro ma direi anche per capire l'abisso che c'è tra i due modi di concepire la produzione di vino attualmente: quella artigianale e quella industriale.

Gilles Azzoni nelle sue cantine semi-interrate 
Nelle sue cantine semi-interrate dove la temperatura non è regolata, Gillez Azzoni trasferisce le uve raccolte a mano e pestate con i piedi, per i suoi vini, ed i rossi sono a prevalenza Syrah. Nel Fable, il rosso più potente, è coadiuvato solo da circa il 20% di Grenache, mentre nell'Hommage al 50% circa di Syrah si uniscono in egual misura Grenache, Merlot e Cabernet Sauvignon. 

E' un vino apparentemente semplice, "de soif" (da sete) come dicono in Francia ma capace di tirare fuori tutta la sua personalità sorso dopo sorso, tra spezie, frutta, leggerezza e spensieratezza. Lascia in bocca sapore buonissimo di uva spremuta, richiama il secondo bicchiere e di sicuro la bottiglia sarà finita in pochissimo tempo. Non dovrei specificarlo nemmeno, ma si tratta di un vino senza alcun tipo di additivo, nè lieviti nè solforosa aggiunta. Affinato in acciaio, può essere tenuto anche un paio d'anni in bottiglia ma perchè farsi del male? certi vini vanno goduti giovani. Esce dalla cantina a circa 7 euro, quindi anche con il trasporto ed il ricarico non sarà di certo una spesa folle. 

Qui il blog di Gilles Azzoni.

lunedì 20 ottobre 2014

Il Rosso di Rabasco in Bag in Box

Senza troppi giri di parole, non facciamo finta di niente: quando bisogna offrire vino a tanta gente, molti dei quali non badano troppo a cosa effettivamente finirà nel bicchiere, vengono le paranoie ad avvicinarsi alla propria scorta personale, piccola o grande che sia. Non per snobismo ma perchè stappare bottiglie non necessariamente care ma magari agognate, ricercate, volute e finalmente trovate per una platea che non l'apprezza sa un pò di spreco. E sprecare di questi tempi non è proprio consigliabile.

L'occasione delicata si è presentata pochi giorni fa, per un festeggiamento con numerosi invitati che giustamente si aspettavano da bere. E se evitare le bottiglie del cuore è il primo passo, il secondo è quello più difficile: trovare un vino che vada bene ma che allo stesso tempo non sia la solita dama industriale non identificata, capace solo ed esclusivamente di riempire la pancia di alcool e la testa di solforosa. Insomma, la missione era trovare un vino che avesse incontrato il mio gusto ed il mio approccio etico alle necessità quantitative ed economiche che una festa impone.


Difficile? Pensavo di si, invece grazie a varie segnalazioni di amici enotecari, ho scoperto che più di una cantina che apprezzo produce sfuso o bag-in-box di vino base che non viene commercializzato in bottiglia. E dal panorama più ampio del previsto ho selezionato un rosso che pensavo potesse star bene con la canonica brace: il Montepulciano d'Abruzzo di Rabasco, in bag in box da 5 litri a circa 15 euro.

Rabasco è una piccolissima realtà artigianale in quel di Pianella, in provincia di Pescara, ed il loro Montepulciano imbottigliato, sia rosso che rosato, rappresenta al massimo la territorialità e l'asprezza delle vigne abruzzesi, con tanta personalità nonostante la scelta, in parte forzata dalle solite leggi assurde, di non entrare in nessuna denominazione. La versione "festaiola", che in realtà può essere adattata tranquillamente all'utilizzo quotidiano, del loro rosso da Montepulciano svolge la sua funzione in maniera egregia. La beva irrefrenabile e piacevolissima sembra renderlo un vino da zero pretese invece la sua spiccata progressione olfattiva, dalla frutta fresca al sottobosco arrivando persino a note selvatiche, e la sua profondità di sapori, con inaspettata sapidità, ne fa un perfetto compagno per svariati pasti. Rustico e contadino nelle migliori accezioni di questi termini, questo rosso, come tutti i vini di Rabasco, non ha solfiti aggiunti ed è vinificato con i propri lieviti.

Naturalità e gusto si abbracciano e fanno abbracciare tutti i festaioli, molti dei quali mi hanno fatto notare come anche il classico bicchiere di troppo che quando si brinda ci sta eccome, non gli abbia dato per niente alla testa. E 5 litri finiscono molto molto ma in fretta.....

giovedì 16 ottobre 2014

Charmille Blanc 2012 - Domaine de Malavieille

Charmille Blanc 2012 - Domaine de Malavieille

In nessuna cosa come nel vino la tipologia che preferisco varia così spesso. E nei miei gusti ondivaghi ed umorali ultimamente trovano poco spazio i vini bianchi “da tutti i giorni”. Al contrario di quello che avviene con i rossi, per i quali faccio molta fatica ad aver voglia di bere una bottiglia importante, tendo invece a stancarmi presto del bianco che non abbia quel bagaglio di importanza derivato da territorio e blasone. Può sembrare un discorso snob ma invece è tutto il contrario: ho come l’impressione che certi bianchi facili vogliano troppo spesso sembrare quello che non sono, trovare quella profondità e quella muscolarità non supportate dal giusto corpo, a scapito di piacevolezza e facilità di beva.



Eppure la mia indole mi porta a cercare quei bianchi, anche perché un bianco senza pretese ma ben fatto è quello che più amo abbinare ai pasti e che più mi mette di buon umore. E allora nelle mie ricerche, tra parecchi risultati deludenti, è finalmente arrivata una bottiglia che mi ha fatto chiudere il pranzo col sorriso: lo Charmille Blanc del Domaine de Malavieille.


Lo so, siamo di nuovo in Francia. Non me ne vogliate se i vini di cui parlo con entusiasmo sono quasi sempre francesi. Non che io mi senta in colpa per questo, tanto meno penso che non esistano vini italiani buoni. Se mi sento di chiedere scusa è perché la reperibilità di molti di questi vini è scarsa o assente fuori dalla Francia, anche se è pur vero che oggi con Internet tutto è acquistabile ovunque. Ma arriviamo al protagonista della questione, il vino appunto. Lo Charmille è uno dei bianchi base del Domaine de Malavieille, cantina situata nell’Herault, zona nobile del meridione francese, resa nota soprattutto dal Domaine de Mas Gassac. Come da tradizione per una zona che prende un po’ dalla Provenza, un po’ dalla confinante Spagna e un po’ dai non lontani Rodano e Bordelais, qui i bianchi si vinificano spesso in uvaggio, e dentro si trova un mix delle regione citate: Sauvignon, Vermentino, Chardonnay, Viognier, Carignan Blanc e l’autoctono Terret Bourret. Inevitabili i profumi varietali dei semiaromatici, ben presente la nota minerale così come la freschezza. Ciò che impressiona è la capacità di non stancare, da appena aperto fino all’ultimo. Non è poderoso (ci mancherebbe) ma pur nella sua pulizia non è il classico vino precisino da aperitivo a bordo piscina. Eppure potrebbe piacere anche a chi lo vuole usare in quel modo. Per non parlare di chi vuole abbinarlo a frutti di mare e primi di pesce delicati.




Da vigneti biodinamici, produzione 18/35 hl per ettaro, utilizzo di lieviti esclusivamente autoctoni, vinificazione classica in bianco. Prezzo straordinario per chi ha la possibilità di farselo spedire: meno di 6 euro a bottiglia. Da tenerne casse in cantina così da aprirne uno ad ogni evenienza.