"Oggi mi faccio una grigliata e mi ci bevo un bel Chianti". Sento pronunciare questa frase ancora tante volte, da chiunque, e ogni volta non posso fare a meno di pensare di quanto questo vino sia tutt'oggi nell'immaginario collettivo di molti italiani come "il classico vino rosso". E di conseguenza estendo il mio pensiero a come probabilmente questo vino venga visto all'estero, dove identificano con esso non solo la storia vinicola del nostro paese ma grande parte dell'intera tradizione enogastronomica. Insomma, in poche parole il "Chianti" è ancora il "Chianti", un'etichetta che dovrebbe essere il simbolo di una cultura di vino come quella italiana.
La chiosa a questa introduzione molti la immaginano già. Perchè vallo a trovare ormai "un bel Chianti". Massificazione commerciale, appiattimento del sapore, zero distinzione tra zone... la solfa è la solita, quella che corrisponde alla triste verità di tanti vini uccisi dalla filosofia industriale. Comprare un Chianti senza conoscerlo oggi è quasi sempre un suicidio. E' per questo che ricercarne di buoni è necessario e fondamentale è diffonderne le esperienze. Tra i più interessanti che io abbia bevuto in tempi recenti, c'è sicuramente il Lamole de I Fabbri. Azienda nata nel 2000 ma con radici familiari legate alla vigna che risalgono al 1600, gestita dalle sorelle Grassi, la sua particolarità è proprio nella sottozona che dà il nome al vino in questione: Lamole infatti è la parte collinare del Chianti più alta sul livello del mare, dai 550 ai 600 metri, un unicum per la zona e un elemento fondamentale per l'unicità di questi vini, che si differenziano da tutti gli altri della DOCG. L'azienda è certificata in agricoltura biologica ma ciò che più conta è che lavora in maniera rispettosa di ambiente e tradizione contadina, con il risultato di produrre dei Chianti lontani dal gusto standardizzato a cui l'industria ci ha abituato.
Nel particolare, questo Chianti Classico L'amole (con l'apostrofo) che è fatto di solo Sangiovese Grosso affinato un anno in cemento, gioca con la leggerezza senza approfittarsi di essa, sa essere gentile ma allo stesso tempo sa farsi valere in maniera pungente e raffinata. Elemento fondamentale è la mineralità tipica di questa parte collinare estrema. Non si pensi a note particolarmente sassose o carboniche, questa è piuttosto una mineralità terrosa, cupa, quasi timorosa seppur avvolgente e decisiva nella definizione organolettica del vino. A corredo i classici frutti rossi e la sua piacevole nota vinosa, d'impatto al profumo e di ritorno al gusto, dove il vino prende senza dubbio corpo lasciando ricordi molto belli al palato dopo la deglutizione.
Insomma, personalità, versatilità, genuinità. Cosa chiedere ad un Chianti se non questo? Nè banale, nè forzatamente diverso, il L'amole de I Fabbri è un vino di territorio. E ce ne fossero di "bei Chianti" come questo. Dalla pasta al ragù, alla grigliata, ai fagioli