sabato 1 ottobre 2011

Vini naturali e salumi artigianali - il resoconto


Fatemelo dire, le serate domenicali con buoni vini ed ottima compagnia mi stavano cominciando a mancare. Sarà che nella scorsa stagione si era formato un bel gruppo, sarà che lo stesso gruppo si continua man mano ad ampliare, sarà che ogni bottiglia stappata e condivisa è sempre una bella esperienza ma insomma dopo oltre due mesi dall’ultima occasione, questa prima serata del 2011-2012 me la sono goduta forse più di ogni altra. La speranza è che nelle prossime si possa stare ancora meglio e che il gruppo, che ringrazio per la costanza, si allarghi sempre di più.

Abbiamo ricominciato con un abbinamento cibo-vino, non esclusivamente dal punto di vista tecnico perché mangiare e bere con uno schema in mano è quanto meno poco realistico. Senza nulla togliere agli incroci tra caratteristiche organolettiche, ciò che più mi interessa è l’idea di abbinamento intesa come viatico al godimento gustativo, magari con un tocco di irrazionalità, un filo di tradizione, una manciata di azzardo. D’altronde chi si è imparato a conoscermi sa ormai bene che il senso delle mie scelte tende a dare luce a produttori controversi, originali ed a volte anarchici. Magari i loro vini possono lasciare perplessi in qualche caso ma di sicuro non lasciano indifferenti. Quest’anno ancor di più questo tipo di approccio sarà il comun denominaotre delle nostre serate. E per la prima, l’abbinamento è stato tra vini naturali e salumi artigianali, due mondi che a livello alimentare probabilmente dovrebbero essere la normalità, invece, nonostante molti sforzi da parte di qualche viticultore ed allevatore, sono ancora l’eccezione, laddove la regola è il sottostare all’industria alimentare degli allevamenti intensivi, degli erbicidi in vigna e del gusto standardizzato. Vediamo allora come questi vini che rispettano la natura e la salute dell’uomo hanno saputo affiancarsi al sapore indimenticabile dei salumi artigianali regionali selezionati presso DOL, bottega di Centocelle grazie alla quale è possibile portare sulle nostre tavole (senza spese folli) prodotti riscoperti della nostra terra.

1)      Lardo di San Nicola con Crémant de Loire – Chateau Pierre Bise

Molti non hanno il palato pronto a tutto e non mangiano il lardo, troppo viscido, troppo grasso, troppo esagerato. Dopo aver assaggiato il lardo di San Nicola, stagionato ed aromatizzato in provincia di Latina da pochissimi allevatori, anche i più scettici si sono ricreduti. Delicato e saporito, si mangia senza problemi anche da solo, risultando di una consistenza perfetta. Accompagnato al pane o alla pizza ovviamente prende sostanza e diventa un amuse-bouche quasi di lusso se abbinato al Crémant de Loire di Pierre Bise, un metodo classico da Chenin Blanc che, come in tutti i vini del geniale produttore di Savennieres, esprime al massimo le potenzialità infinite di questo vitigno, dando vita ad un insieme di freschezza, mineralità, complessita e generale gradevolezza. E’ uno spumante che non ha nulla da invidiare a qualche bollicina altisonante dal prezzo molto più elevato.

2)      Prosciutto di Campo Catino con Sassaia 2009 – La Biancara di Angiolino Maule

Una triste storia quella dei nostri prosciutti, confinati in anonimi banconi e marchiati chissà dove a tradire un’origine di cui non si hanno praticamente garanzie. Maiali che fanno il giro del mondo prima di arrivare a Parma o a Norcia o a San Daniele, venduti a prezzi spesso esosi e la cui qualità è un terno a lotto. E pensare che in tanti angoli d’Italia esistono tradizioni storiche di produzioni di prosciutto, come quella di Campo Catino, nel frusinate, che si distingue dal vicino (ed ottimo) Guarcino per un sapore più dolce e soprattutto perché i migliori sono destinati ad una leggera affumicatura con bacche di ginepro, come nel nostro caso. Un prosciutto che costituisce una portata a se stante ed il cui gusto intenso ma gentile richiama un bianco dalle simili caratteristiche. Il Sassaia di Maule, il guru dei vini naturali in Italia, con la sua leggera maturazione sulle bucce, la rotondità della Garganega ed il carattere del territorio intorno a Gambellara, viene ad hoc. Un vino che non stanca mai e con il quale si può pasteggiare senza sosta. Non ha aggiunta di solforosa quindi anche i rischi di mal di testa sono scongiurati.

3)      Salsiccia di Monte San Biagio con Rosso Frizzante 2009 – La Stoppa

Salame e vino rosso frizzante, d’altronde generazioni di emiliani che hanno bagnato col Lambrusco i loro culatelli e le loro mortadelle non erano degli sprovveduti. Un po’ di carbonica sgrassa la bocca ed il tannino leggero fa il resto, lasciando una sensazione di appagamento che a volte nessun piatto cucinato riesce ad offrire. L’omaggio alla tradizione lo facciamo deviando leggermente di strada, arriviamo nei Colli Piacentini, dove La Stoppa, azienda biodinamica Triple A, produce ottimi vini locali senza aggiunta di solforosa. Anche in quella zona il rosso frizzante è storico, ottenuto da Bonarda e Barbera, si chiama Gutturnio ma La Stoppa ha deciso da un paio di annate di uscire dalla DOC e chiamarlo semplicemente Rosso Frizzante. Che dire, è un vino dalla bevibilità compulsiva, dal frutto in evidenza corroborato dalla giusta acidità e dalla insospettabile morbidezza. Accompagna egregiamente la salsiccia, il cui sapore, forte ed elegante, carnoso e speziato, è difficile da descrivere a parole. Un’esperienza da fare.

4)      Susaniella con Il Secondo di Pacina 2009 – Pacina

La susaniella è un must, un cavallo di battaglia di DOL, salume stagionato prodotto con varie parti del maiale (interiora incluse) dal gusto intenso e persistente. Non a caso è un presidio Slow Food ed è una rarità che bisognerebbe provare almeno una volta nella vita. Ci abbiamo bevuto un vino contadino nel vero senso della parola, Il Secondo di Pacina, una sorta di Chianti giovane che i Pacina producono a Castelnuovo Berardenga con il 97% di Sangiovese ed una manciata di vitigni classici di supporto. Vigne giovani, regime biodinamico, nel calice si sentono tutte le marce del Sangovese, la terrosità delle sue piante, la spinta complessa dei suoi aromi e la cavalcata gioviale del suo crescere in bottiglia. Un vino da merenda che sa in realtà esprimersi anche su piatti più complessi, riportandoci un po’ indietro nel tempo, a come un Chianti dovrebbe essere sempre.

5)      Ciauscolo stagionato con Elise 2009 – Moulin de Gassac

Abbiamo iniziato dicendo che il lardo non piace a molti, finiamo dicendo che è invece abbastanza difficile trovare chi non gradisce il ciauscolo. Quello spalmabile, marchigiano ma ormai prodotto anche altrove, è diventato oramai un prodotto industriale ed occorre saper fare differenza tra ciauscolo e ciauscolo. Nel viterbese invece si produce il ciauscolo stagionato, il cui gusto ricorda quello del cugino vissano ma la cui consistenza è ben più ferma, da mangiare a morsi assaporandone i tanti strati di sapore. Un salume dalle caratteristiche così intense ci porta a bere l’unico vino della serata che vede un po’ di legno. Si tratta dell’Elise di Moulin de Gassac, prodotto in Languedoc da Aimè Guibert, colui che non si è mai voluto piegare alle grandi multinazionali che insistevano per acquistare i suoi vigneti. La linea “Moulin” indica qui vini che vengono dalle vigne circostanti il “Mas” che dà il suo pregiato rosso di punta. Con Merlot e Syrah in quasi uguale percentuale, il vino riesce nel difficile compito di equilibrare le caratteristiche dei due vitigni, tra femminile fruttosità e sbarazzina speziatura. E’ un vino che fa sapiente uso dei 9 mesi passati in barrique, i quali non snaturano di un minimo la sua genuinità e la sua identità mediterranea. Può crescere per 4-5 anni e si può godere in vari modi, dai salumi fino a delle belle grigliate.

Insomma, abbiamo iniziato alla grande e un abbraccio va a tutti quelli che hanno reso la serata della speciale....ora l'appuntamento è al 30 ottobre con i vini ed i sapori di Spagna, un altro bel viaggio elettrizzante. Vi aspetto!


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