Fatemelo dire, le serate
domenicali con buoni vini ed ottima compagnia mi stavano cominciando a mancare.
Sarà che nella scorsa stagione si era formato un bel gruppo, sarà che lo stesso
gruppo si continua man mano ad ampliare, sarà che ogni bottiglia stappata e
condivisa è sempre una bella esperienza ma insomma dopo oltre due mesi dall’ultima
occasione, questa prima serata del 2011-2012 me la sono goduta forse più di
ogni altra. La speranza è che nelle prossime si possa stare ancora meglio e che
il gruppo, che ringrazio per la costanza, si allarghi sempre di più.
Abbiamo ricominciato con un
abbinamento cibo-vino, non esclusivamente dal punto di vista tecnico perché mangiare
e bere con uno schema in mano è quanto meno poco realistico. Senza nulla
togliere agli incroci tra caratteristiche organolettiche, ciò che più mi
interessa è l’idea di abbinamento intesa come viatico al godimento gustativo,
magari con un tocco di irrazionalità, un filo di tradizione, una manciata di
azzardo. D’altronde chi si è imparato a conoscermi sa ormai bene che il senso
delle mie scelte tende a dare luce a produttori controversi, originali ed a
volte anarchici. Magari i loro vini possono lasciare perplessi in qualche caso
ma di sicuro non lasciano indifferenti. Quest’anno ancor di più questo tipo di
approccio sarà il comun denominaotre delle nostre serate. E per la prima, l’abbinamento
è stato tra vini naturali e salumi artigianali, due mondi che a livello
alimentare probabilmente dovrebbero essere la normalità, invece, nonostante
molti sforzi da parte di qualche viticultore ed allevatore, sono ancora l’eccezione,
laddove la regola è il sottostare all’industria alimentare degli allevamenti
intensivi, degli erbicidi in vigna e del gusto standardizzato. Vediamo allora
come questi vini che rispettano la natura e la salute dell’uomo hanno saputo
affiancarsi al sapore indimenticabile dei salumi artigianali regionali
selezionati presso DOL, bottega di Centocelle grazie alla quale è possibile
portare sulle nostre tavole (senza spese folli) prodotti riscoperti della
nostra terra.
1) Lardo
di San Nicola con Crémant de Loire – Chateau Pierre Bise
Molti non
hanno il palato pronto a tutto e non mangiano il lardo, troppo viscido, troppo
grasso, troppo esagerato. Dopo aver assaggiato il lardo di San Nicola,
stagionato ed aromatizzato in provincia di Latina da pochissimi allevatori,
anche i più scettici si sono ricreduti. Delicato e saporito, si mangia senza
problemi anche da solo, risultando di una consistenza perfetta. Accompagnato al
pane o alla pizza ovviamente prende sostanza e diventa un amuse-bouche quasi di
lusso se abbinato al Crémant de Loire di Pierre Bise, un metodo classico da
Chenin Blanc che, come in tutti i vini del geniale produttore di Savennieres,
esprime al massimo le potenzialità infinite di questo vitigno, dando vita ad un
insieme di freschezza, mineralità, complessita e generale gradevolezza. E’ uno
spumante che non ha nulla da invidiare a qualche bollicina altisonante dal
prezzo molto più elevato.
2) Prosciutto
di Campo Catino con Sassaia 2009 – La Biancara di Angiolino Maule
Una triste
storia quella dei nostri prosciutti, confinati in anonimi banconi e marchiati
chissà dove a tradire un’origine di cui non si hanno praticamente garanzie.
Maiali che fanno il giro del mondo prima di arrivare a Parma o a Norcia o a San
Daniele, venduti a prezzi spesso esosi e la cui qualità è un terno a lotto. E
pensare che in tanti angoli d’Italia esistono tradizioni storiche di produzioni
di prosciutto, come quella di Campo Catino, nel frusinate, che si distingue dal
vicino (ed ottimo) Guarcino per un sapore più dolce e soprattutto perché i
migliori sono destinati ad una leggera affumicatura con bacche di ginepro, come
nel nostro caso. Un prosciutto che costituisce una portata a se stante ed il
cui gusto intenso ma gentile richiama un bianco dalle simili caratteristiche. Il
Sassaia di Maule, il guru dei vini naturali in Italia, con la sua leggera
maturazione sulle bucce, la rotondità della Garganega ed il carattere del
territorio intorno a Gambellara, viene ad hoc. Un vino che non stanca mai e con
il quale si può pasteggiare senza sosta. Non ha aggiunta di solforosa quindi
anche i rischi di mal di testa sono scongiurati.
3) Salsiccia
di Monte San Biagio con Rosso Frizzante 2009 – La Stoppa
Salame e
vino rosso frizzante, d’altronde generazioni di emiliani che hanno bagnato col
Lambrusco i loro culatelli e le loro mortadelle non erano degli sprovveduti. Un
po’ di carbonica sgrassa la bocca ed il tannino leggero fa il resto, lasciando
una sensazione di appagamento che a volte nessun piatto cucinato riesce ad
offrire. L’omaggio alla tradizione lo facciamo deviando leggermente di strada,
arriviamo nei Colli Piacentini, dove La Stoppa, azienda biodinamica Triple A,
produce ottimi vini locali senza aggiunta di solforosa. Anche in quella zona il
rosso frizzante è storico, ottenuto da Bonarda e Barbera, si chiama Gutturnio
ma La Stoppa ha deciso da un paio di annate di uscire dalla DOC e chiamarlo
semplicemente Rosso Frizzante. Che dire, è un vino dalla bevibilità compulsiva,
dal frutto in evidenza corroborato dalla giusta acidità e dalla insospettabile
morbidezza. Accompagna egregiamente la salsiccia, il cui sapore, forte ed
elegante, carnoso e speziato, è difficile da descrivere a parole. Un’esperienza
da fare.
4) Susaniella
con Il Secondo di Pacina 2009 – Pacina
La
susaniella è un must, un cavallo di battaglia di DOL, salume stagionato
prodotto con varie parti del maiale (interiora incluse) dal gusto intenso e
persistente. Non a caso è un presidio Slow Food ed è una rarità che
bisognerebbe provare almeno una volta nella vita. Ci abbiamo bevuto un vino
contadino nel vero senso della parola, Il Secondo di Pacina, una sorta di
Chianti giovane che i Pacina producono a Castelnuovo Berardenga con il 97% di
Sangiovese ed una manciata di vitigni classici di supporto. Vigne giovani,
regime biodinamico, nel calice si sentono tutte le marce del Sangovese, la
terrosità delle sue piante, la spinta complessa dei suoi aromi e la cavalcata
gioviale del suo crescere in bottiglia. Un vino da merenda che sa in realtà
esprimersi anche su piatti più complessi, riportandoci un po’ indietro nel
tempo, a come un Chianti dovrebbe essere sempre.
5) Ciauscolo
stagionato con Elise 2009 – Moulin de Gassac
Abbiamo
iniziato dicendo che il lardo non piace a molti, finiamo dicendo che è invece
abbastanza difficile trovare chi non gradisce il ciauscolo. Quello spalmabile,
marchigiano ma ormai prodotto anche altrove, è diventato oramai un prodotto
industriale ed occorre saper fare differenza tra ciauscolo e ciauscolo. Nel
viterbese invece si produce il ciauscolo stagionato, il cui gusto ricorda
quello del cugino vissano ma la cui consistenza è ben più ferma, da mangiare a
morsi assaporandone i tanti strati di sapore. Un salume dalle caratteristiche
così intense ci porta a bere l’unico vino della serata che vede un po’ di
legno. Si tratta dell’Elise di Moulin de Gassac, prodotto in Languedoc da Aimè
Guibert, colui che non si è mai voluto piegare alle grandi multinazionali che
insistevano per acquistare i suoi vigneti. La linea “Moulin” indica qui vini
che vengono dalle vigne circostanti il “Mas” che dà il suo pregiato rosso di
punta. Con Merlot e Syrah in quasi uguale percentuale, il vino riesce nel
difficile compito di equilibrare le caratteristiche dei due vitigni, tra
femminile fruttosità e sbarazzina speziatura. E’ un vino che fa sapiente uso
dei 9 mesi passati in barrique, i quali non snaturano di un minimo la sua
genuinità e la sua identità mediterranea. Può crescere per 4-5 anni e si può
godere in vari modi, dai salumi fino a delle belle grigliate.
Insomma, abbiamo iniziato alla grande e un abbraccio va a tutti quelli che hanno reso la serata della speciale....ora l'appuntamento è al 30 ottobre con i vini ed i sapori di Spagna, un altro bel viaggio elettrizzante. Vi aspetto!
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