Il 2011 è stato un anno
difficile, inutile negarlo. Al di là di considerazioni personali, l’andamento
sociale, economico e politico è stato quelle che tutti conosciamo, che tutti
abbiamo sofferto nel quotidiano, con sacrifici, rinunce, dolori. Per questo i
pochi momenti di svago sono stati ancora più importanti del solito, perché
concentrarsi in pensieri di serenità e di passione è fondamentale quando il
contorno è buio. I miei momenti di svago coincidono spesso e volentieri con un
bicchiere di vino. Una bottiglia stappata, bevuta, goduta, discussa tra amici e
commensali è ormai un passaggio che nella mia vita corrisponde a serenità. E
non è poco, chi condivide questa passione lo sa ma è facilmente trasferibile a
qualsiasi altro tipo di attività nella quale si mettono anima e corpo.
I vini che ho bevuto lo scorso
anno, almeno quelli che mi hanno particolarmente colpito, hanno un unico
denominatore comune: la genuinità. Una volta cercavo vini costruiti, fatti per
stupire, per essere i protagonisti a tavola. Con tutto il rispetto per quella
tipologia, spesso corrispondente a rossi opulenti e pesanti, il mio gusto ha
decisamente virato verso altri lidi. Il che non significa che i vini che
prediligo non siano importanti. Anzi, la curiosità di riassaggiare tra dieci o
quindici anni alcuni bianchi freschi e profumati ma allo stesso tempo complessi
e personali c’è eccome, con la non tanto latente convinzione che il tempo possa
regalare ulteriori emozioni. D’altronde uno dei vini con cui ho chiuso l’anno è
stato il Cerasuolo d’Abruzzo di Valentini. Rosato tra i più importanti al mondo
ma pur sempre rosato, quindi senza pretese di muscolosità. Eppure, con tutta la
sua freschezza e la sua egregia bevibilità, la versione che ho aperto era
datata 1978. 34 vendemmie fa. Ed era in gran forma. Alla faccia di chi pensa
che solo i soliti supervini possano sfidare gli anni. Ecco quindi la mia lista,
personale e a tratti legata a ricordi, dei migliori vini del mio 2011. Ne
esistono tanti ed altri ancora superiori a questi. E ce ne sono altrettanti che
purtroppo mi dimentico. Ma queste sono le mie sensazioni. E non c’è punteggio
che potrà classificarle.
(ad ogni vino è associata una
canzone che in qualche modo consiglio di ascoltare durante la bevuta. Non so se
tutto questo abbia un senso, però abbinare vino e musica è uno dei piaceri
della vita. Provate se volete)
SOUS LE CAILLOUX DES GRILLONS
2008 – CLOS DU GRAVILLAS
Frutta, mediterraneo e schizzi
di nero in questo blend tipico del SudOvest francese, segnato dal Carignan.
Tramonti giovanili e l’odore dei sassi bagnati ai bordi del fiume. “Rebel
Rebel” di David Bowie.
GOLFO DEI POETI ALBAROLA 2009
– SANTA CATERINA
Albarola, vitigno che si
inerpica sulla montagna dal mar Ligure, ci racconta lo splendido panorama che
vede, tra erbe aromatiche, salsedine e terra. La macerazione la rende ancor più
viva. “Red China Blues” di Miles Davis.
CHAMPAGNE BRUT NATURE –
DEMARDE FRISON
Uno Champagne dell’Aube, terra
fuori dai nobili Cru, capace di stupire ed inebriare. Dritto, inappuntabile,
minerale, gustoso. Lontano dalle paillette, vicino alla terra. Come dovrebbe
essere. “In The Silence Of The Morning” degli Agitation Free.
GRAN ROSSO DEL VICARIATO –
CANTINA SOCIALE DI QUISTELLO
I rossi frizzanti hanno
accompagnato i miei momenti più spensierati e li amo così tanto che credo lo
continueranno a fare. Quelli veri, come il Lambrusco Maestri della miracolosa
Cantina di Quistello permettono di sfatare ogni luogo comune sulla tipologia.
Da non svilire. “Sweet Jane” dei Velvet Underground.
BOURGOGNE CHARDONNAY 2007 –
HORONCE DE BELER
Il coraggio di chi lascia la
Ville Lumière e le sue certezze per l’incognita della vigna borgognona. Ecco
cosa si trova in questo affascinante e tutt’altro che semplice Bourgogne, un
vino che cresce e che cambia, che ammalia e che conquista, come la passione dei
pazzi. “People Music” di Herbie Hancock.
ALBARINO 2009 – MARTIN CODAX
L’albarino è il profumo
dell’erba bagnata dalla pioggia, è una passeggiata di sera lungo il porto, è
una chiacchierata dopo il lavoro. L’albarino è la Galizia, il suo spirito, la
sua bellezza. Bisogna capirlo, ma si amerà anche mentre ci si fanno domande.
“Crying” dei TV On The Radio.
SEMPREMAI 2008 – PODERE SANTA
FELICITA’
Vin de garage se ce n’è uno,
da un vitigno sconosciuto al mondo (Arbrostine, dice niente?) e da un territorio
poco battuto come il Casentino, non ha eguali per territorialità e
piacevolezza. Spezie, acidità, montagne, nebbia. Secondo, terzo, quarto
bicchiere. “Like Cuckatoos” dei Cure.
TRENTO DOC BRUT – REVI’
Lo spumante in Trentino è
storia e non importa se sono altre le zone alla moda, il top in Italia è sotto
le Dolomiti, uno degli interpreti si chiama Revì, portatore di gusto non
scontato, di perlage elegante, di facilità di beva e di lungo finale. A me
basta. Anzi, ne voglio ancora. “Disillusioned Man” dei Demon Fuzz.
MACON-CRUZILLES 2008 – DOMAINE
VIGNES DU MAYNES
La terra in fondo è la stessa,
e si sente. Solo che la Borgogna che conta sta a nord e di certo non utilizza
Gamay per i suoi fantastici rossi. In questo bicchiere la terra è un po’ più assolata
e al sottobosco infinito del Pinot Nero, si sostituisce la scorbuticità del
Gamay. Genio e sregolatezza. Sorprendente. “Fool On The Hill” dei Beatles.
SAHARAY 2009 – PORTA DEL VENTO
Un viaggio sotto il sole della
Sicilia più brulla, quella di Porta del Vento, interprete di vini magistrali ed
incredibilmente territoriali, dal Nero D’Avola al Perricone, ai rosati ma su
tutti questo fantastico Catarratto macerato che sa di vita vissuta lentamente
con schizzi di emozioni frenetiche. “Drove Through Ghosts To Get Here” dei
65Daysofstatic.
CHAMPAGNE BRUT BLANC DE BLANCS
– LAHERTE FRERES
Se l’eleganza incontra
l’imprevidibilità e la tradizione va a braccetto con la creatività, si brinda
con Laherte Freres. Tutto ciò che si chiede ad uno Champagne da Chardonnay,
senza fronzoli e con tanta sostanza, per accompagnare tutti i pasti che passano
per i fornelli. “Lovers On Main Street” dei Japan.
SAUMUR CHAMPIGNY L’INSOLITE
2009 – DOMAINE DES ROCHES NEUVES
Il Cabernet Franc è il vitigno
del mio cuore e anche se lo Chinon Les Clos Guillot di Bernard Baudry rimane
per me inarrivabile, questo Insolite mi ha pian piano conquistato per il modo
in cui si estranea dal mondo e porta il suo erbaceo in spazi bui e sconosciuti.
“Eve Of Eternity” degli Eiliff.
SALICE SALENTINO IL PIONIERE
2009 – NATALINO DEL PRETE
Chi l’ha detto che la
rusticità non può essere di classe?mettete il naso nel selvaggio Salice di
Natalino, poi aspettate un po’ e sentite cosa succede. E soprattutto,
assaggiatelo: succoso, saporito, pieno. E mai stanco. Lo specchio di chi lo fa.
“The Other Side Of Town” di Curtis Mayfield.
NOT 2009 – PARASCHOS
Pensate al Pinot Grigio e
rivoltate le vostre idee, forse vi avvicinerete alla verità. “Not”, la
negazione per eccellenza, o semplicemente la fine di Pinot, interpretato
magistralmente e come la storia vuole, ad ottenere una sorta di rosè, nella
zona italiana dove rende al meglio, il Collio. “I Wanna Be Your Dog” degli
Stooges.
CREMANT D’ALSACE – JULIAN MEYER
L’Alsazia entra nel cuore
prima coi suoi panorami, poi con la sua gente e poi con i suoi incredibili
vini. Molti dei bianchi più buoni vengono da qua, per eleganza, complessità e
fascino. Julian Meyer ne fa di eccezionali. Ma l’etichetta che scelgo è il suo
Cremant. Spumante da camino, etereo, gustoso, infinito. “It Could Be Sweet” dei
Portishead.
PIETRO BIANCO 2009 – DANIELE
PORTINARI
Meglio il silenzio del
frastuono, meglio le cose piccole che le esagerazioni. Scontato ma così
difficile da applicare. Ci riesce Daniele Portinari col suo silenzioso e
piccolo bianco, così genuino e personale che riconcilia con l’idea spesso
abusata di artigianato. “The Daily Planet” dei Love.
VOUVRAY LA DILETTANTE 2009 –
BRUTON
Benvenuti a Vouvray dove tutto
è diverso. Qui se ne fregano del gusto globale, dell’industria, delle belle
etichette, dello shock a tutti i gusti. Qui si vinifica Chenin Blanc, vitigno
tosto se ce n’è uno, acido, dritto, delicato. Provare La Dilettante di Bruton
per credere. Magia allo stato puro. “Area” dei De La Soul.
BARBARESCO RABAJA’ RISRVA 2004
– CORTESE
Un vino rosso importante ben
fatto, ormai è difficile trovarne. Occorre andare nelle Langhe, lì il compito è
facilitato e scegliere non è facile. Tra tanti promettenti baroli, mi ha rapito
il Barbaresco Rabajà Riserva di Cortese. Frutta ed orizzonti cupi, acidità,
sapore, lunghezza infinita. “Electric Funeral” dei Black Sabbath.
CESANESE DI OLEVANO ROMANO
SILENE 2009 – DAMIANO CIOLLI
Lo ammetto, questo vino non
dovrebbe esserci perché lo conoscevo già bene. Ma ogni anno mi colpisce perché
interpreta l’annata ed esalta quel gran vitigno che è il cesanese. E rimane una
delle poche isolate eccellenze di una viticoltura laziale ancora schiava dei
soliti nomi. “The Ballad Of Dorothy Parker” di Prince.
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