In nessuna cosa come nel vino
la tipologia che preferisco varia così spesso. E nei miei gusti ondivaghi ed
umorali ultimamente trovano poco spazio i vini bianchi “da tutti i giorni”. Al
contrario di quello che avviene con i rossi, per i quali faccio molta fatica ad
aver voglia di bere una bottiglia importante, tendo invece a stancarmi presto
del bianco che non abbia quel bagaglio di importanza derivato da territorio e
blasone. Può sembrare un discorso snob ma invece è tutto il contrario: ho come
l’impressione che certi bianchi facili vogliano troppo spesso sembrare quello
che non sono, trovare quella profondità e quella muscolarità non supportate dal
giusto corpo, a scapito di piacevolezza e facilità di beva.
Eppure la mia indole mi porta a cercare quei bianchi, anche perché un bianco senza pretese ma ben fatto è quello che più amo abbinare ai pasti e che più mi mette di buon umore. E allora nelle mie ricerche, tra parecchi risultati deludenti, è finalmente arrivata una bottiglia che mi ha fatto chiudere il pranzo col sorriso: lo Charmille Blanc del Domaine de Malavieille.
Lo so, siamo di nuovo in
Francia. Non me ne vogliate se i vini di cui parlo con entusiasmo sono quasi
sempre francesi. Non che io mi senta in colpa per questo, tanto meno penso che
non esistano vini italiani buoni. Se mi sento di chiedere scusa è perché la
reperibilità di molti di questi vini è scarsa o assente fuori dalla Francia,
anche se è pur vero che oggi con Internet tutto è acquistabile ovunque. Ma
arriviamo al protagonista della questione, il vino appunto. Lo Charmille è uno
dei bianchi base del Domaine de Malavieille, cantina situata nell’Herault, zona
nobile del meridione francese, resa nota soprattutto dal Domaine de Mas Gassac.
Come da tradizione per una zona che prende un po’ dalla Provenza, un po’ dalla
confinante Spagna e un po’ dai non lontani Rodano e Bordelais, qui i bianchi si
vinificano spesso in uvaggio, e dentro si trova un mix delle regione citate:
Sauvignon, Vermentino, Chardonnay, Viognier, Carignan Blanc e l’autoctono
Terret Bourret. Inevitabili i profumi varietali dei semiaromatici, ben presente
la nota minerale così come la freschezza. Ciò che impressiona è la capacità di
non stancare, da appena aperto fino all’ultimo. Non è poderoso (ci mancherebbe)
ma pur nella sua pulizia non è il classico vino precisino da aperitivo a bordo
piscina. Eppure potrebbe piacere anche a chi lo vuole usare in quel modo. Per
non parlare di chi vuole abbinarlo a frutti di mare e primi di pesce delicati.
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