martedì 18 ottobre 2011

Due distillati da abbinare alle sere invernali


L’inverno finalmente lancia i primi segnali e con l’arrivo del freddo, delle pioggie e delle serate buie, ritornano le abitudini alimentari che ci danno quel calore che col finire dell’estate pian piano si smarrisce. Largo allora a ragù e brasati, a preparazioni al forno e a dessert corroboranti. E alla fine di un pasto che ci ricocincilia col buon vivere, perché non salutare il termine della serata con un bel distillato?

Mettiamo le cose in chiaro, i distillati non sono roba da alcolizzati. Per apprezzarli ci vuole più sensibilità gusto-olfattiva di quanto richieda l’assaggio di un vino, perché le sfumature dietro l’inevitabile impatto alcolico sono sottili, timide, spesso difficili da recepire. Dimentichiamoci quelle bottiglie mezze vuote da secoli poggiate dietro i polverosi scaffali dietro al bancone del bar. Con tutto il rispetto, l’arte del distillato è profonda, da scoprire e da rispettare. E le storie tra i vari distillati sono così tante e così diverse tra di loro che quando ci si entra non se ne esce più, travolti dal fascino e dalla tradizione. Io oggi ve ne racconto due che accompagnano spesso i miei momenti tra sera e notte, arrotondando la mia sfera di sapori e di sensazioni.

Il primo è il Bas Armagnac Hors d’Age del Domaine de Laguille. Rispetto al Cognac, al quale è speculare come lavorazione, il Bas Armagnac è più discreto e meno noto. Prodotto nella zona della Gascogna, nel sud-ovest francese, si vanta di essere la pià antica acquavite del mondo. La famiglia Vignoli, proprietaria del Domaine de Laguille, ne rispetta la storia e ne produce varie tipologie, dal più giovane alle riserve quarantennali che toccano anche prezzi spaventosi. L’Hors d’Age è la tipologia che vuole il distillato invecchiato per almeno 15 anni ed il suo costo in enoteca si aggira intorno ai 60 euro. E’ un elisir che mi conquista ad ogni sorso, nella sua veste di un ambrato quasi lucido ci si ritrovano note caramellate, di castagno, di albicocca secca, tocchi di miele, di spezie dolci, di boisèe. Questo incredibile impatto olfattivo, capace di far tirar fuori persino a me una lista del genere, si ritrova all’assaggio in tutto il suo equilibrio e la sua eleganza. Lo chiamano “l’equilibre gascon”, come a vantarsi di una caratteristica che nei vicini più famosi (già, i cognac) non si trova. Complessità di aromi, finale incentrato su ricordi di bosco e di frutta secca, con la parte alcolica ad avvolgere il tutto morbidamente. Questo Bas Armagnac è un fidato alleato per ogni fine cena, dopo il dessert, magari accompagnato da cioccolato al 70% o perché no affiancato ad un  ottima miscela di caffè (gli esperti mi dicono il Kenya, e devo solo fidarmi).

L’altra storia ci porta in Irlanda per un whiskey (la e è d’obbligo quando si whiskeggia nella terra dei leprechauns) che ha parecchio da dire. Si tratta dell’ Irish Whiskey 12 Y.O. della Knappogue Castle. Distilleria di secolare tradizione, la Knappogue Castle ha in realtà appena introdotto sul mercato questo prodotto, a fungere da step introduttivo al prodotto di punta tra i non-vintage della casa, ovvero il 16 Years Old. Al Castello di Knappogue sono noti per uno stile che porta gli whiskey ad essere scorrevoli e setosi, puntando con decisione ad un buon equilibrio delle note maltate, senza mai farle risultare affumicate o coprenti. In questo dodici anni, invecchiato in botti di bourbon, si nota la media intensità dell’ambra al colore e si percepisce subito al naso una delicatezza che richiama a note biscottate, di frutta e di cerali, fino ad una virata verso tratti peposi e speziati che aumentano con il contatto con l’aria. Un olfatto elegante che si trasferisce al palato aggiungendo sensazioni più dolci che ricordano lo zucchero di canna, la vaniglia, i dolci sfornati. Perfetto equilibrio tra le caratteristiche di maturità e spirito gentile che lo rende ideale da bere da solo, dopo cena, magari tra una chiacchiera e l’altra, o ascoltando un disco di Charles Mingus, di Grover Washington Jr. o dei King Crimson.

Insomma, la ricetta per scaldare le serate in arrivo non è unica, anzi ce ne sono tante e sono probabilmente tutte valide. Però io un consiglio spassionato ve lo do: tenete in serbo sempre un buon distillato, da gustare con il consueto equilibrio. Vedrete che anche l’eventuale solitudine non sarà un fardello ma diventerà un momento per godersi la vita. Di questi tempi, ogni tanto, ci vuole.

sabato 8 ottobre 2011

Macon-Cruzilles Manganite 2005 - Domaine Vignes de Maynes


Qualche anno fa ho lavorato per un periodo ad un importante wine bar di Roma, uno di quelli in cui vanno -non solo ma soprattutto- quei personaggi che hanno ogni verità in tasca sul vino e tutto ciò che lo circonda. Quel tipo di personaggi che possono attingere dalle liste de vini spesso permettendosi di spendere cifre che ogni vero appassionato vorrebbe avere a disposizione quando messo al cospetto di una grande cantina. La beffa è che quei soldi sono regolarmente spesi per bottiglie che l'appassionato non ordinerebbe mai. Ma così va il mondo e di scene da mani nei capelli ne ho viste a iosa. Ad esempio una sera entrarono due signore dalla classica aria benestante, le quali, immerse nei loro discorsi di medioalta borghesia, mi chiesero, col classico tono di chi ne sa più di te, la lista dei vini alla mescita. Quando osai proporre loro un Macon bianco descrivendolo come "un Borgogna da scoprire", una delle due candidate al premio nobel della modestia sentenziò con veemenza "Macon non è Borgogna". Ovviamente i miei timidi tentativi di spiegazione, dettati per altro da fatti geograficamente e legislativamente inconfutabili, sono stati cancellati dall’assolutismo della presunta onniscenza con cui ci si scontra in situazioni simili. E’ in momenti come questo che vorresti vivere la scena della coda al cinema di “Io ed Annie” in cui Woody Allen, sfinito dalle logorroiche teorie su Marshall McLuhan del sapientone di turno, fa apparire magicamente il filosofo che smentisce in quattro e quattr’otto l’insopportabile soggetto. Tutto ciò è rimasto nella mia fantasia ma quello che mi consola è che la signora sarà tutt’ora ancorata alle sue convinzioni mentre il sottoscritto (e come me ogni vero appassionato) continua a crescere ponendosi domande. E persino un misfatto del genere mi torna in mente nel momento in cui apro un vino e lo apprezzo. Indovinate che vino? Si, proprio un Macon. Rosso questa volta, ma da scoprire proprio come quel famigerato bianco.

Dire che Macon non è Borgogna è un po’ come dire che la Maremma non è Toscana: sicuramente non siamo nella nobiltà della regione, più a sud della Cote d’Or, dove i vini hanno un carattere diverso, dove lo Chardonnay ed il Pinot Nero non regnano soli ed incontrastati ma fanno timidamente spazio ai fratelli minori Aligotè e Gamay. Scendono i prezzi, scende la gloria, forse scende la capacità media di invecchiamento. Ma da queste parti, se ci si imbatte nella bottiglia di giusta, si può godere spendendo intorno ai 10 euro. Ed è quello che mi è successo con la bottiglia che vi sto per raccontare. La cantina, Domaine du Vignes de Maynes, si vanta di essere la più antica cantina a praticare agricoltura biologica. E’ comunque un domaine familiare ed i suoi vini hanno il carattere sincero della vigna di una volta. Il Macon-Cruzilles Manganite è un Gamay al 100% e nella sua versione 2005 è strepitoso: nelle sue sfumature di un bel rosso intenso si incontrano note terrose e succose, una spremuta di frutta di bosco che accarezza il naso sfumando delicatamente in amarene sotto spirito, in spezie dolciastre, in sprazzi minerali. E’ il preludio ad un sapore pieno che sa trasformarsi nei minuti, con fresca eleganza, misurata morbidezza. Il vino è naturale al 100%, non è filtrato e non ha solforosa aggiunta e, anche se gli scettici stenteranno a crederlo, è di una pulizia gustativa immensa. Durevole dopo il sorso, capace di accompagnarci lungo tutto il pasto senza mai prevaricare preparazioni saporite, persino piccanti. E seppur lontano dai grandi Pinot Neri della Borgogna più importante, questo Macon porta con se quello spirito regionale che lo ricollega ad un territorio unico capace di dare un carattere indimenticabile ai suoi frutti. Può stare in cantina ancora qualche anno e potrà emozionarci ancor di più. Da provare, senza indugi, senza pensieri. E soprattutto, senza la signora del wine-bar.

sabato 1 ottobre 2011

Vini naturali e salumi artigianali - il resoconto


Fatemelo dire, le serate domenicali con buoni vini ed ottima compagnia mi stavano cominciando a mancare. Sarà che nella scorsa stagione si era formato un bel gruppo, sarà che lo stesso gruppo si continua man mano ad ampliare, sarà che ogni bottiglia stappata e condivisa è sempre una bella esperienza ma insomma dopo oltre due mesi dall’ultima occasione, questa prima serata del 2011-2012 me la sono goduta forse più di ogni altra. La speranza è che nelle prossime si possa stare ancora meglio e che il gruppo, che ringrazio per la costanza, si allarghi sempre di più.

Abbiamo ricominciato con un abbinamento cibo-vino, non esclusivamente dal punto di vista tecnico perché mangiare e bere con uno schema in mano è quanto meno poco realistico. Senza nulla togliere agli incroci tra caratteristiche organolettiche, ciò che più mi interessa è l’idea di abbinamento intesa come viatico al godimento gustativo, magari con un tocco di irrazionalità, un filo di tradizione, una manciata di azzardo. D’altronde chi si è imparato a conoscermi sa ormai bene che il senso delle mie scelte tende a dare luce a produttori controversi, originali ed a volte anarchici. Magari i loro vini possono lasciare perplessi in qualche caso ma di sicuro non lasciano indifferenti. Quest’anno ancor di più questo tipo di approccio sarà il comun denominaotre delle nostre serate. E per la prima, l’abbinamento è stato tra vini naturali e salumi artigianali, due mondi che a livello alimentare probabilmente dovrebbero essere la normalità, invece, nonostante molti sforzi da parte di qualche viticultore ed allevatore, sono ancora l’eccezione, laddove la regola è il sottostare all’industria alimentare degli allevamenti intensivi, degli erbicidi in vigna e del gusto standardizzato. Vediamo allora come questi vini che rispettano la natura e la salute dell’uomo hanno saputo affiancarsi al sapore indimenticabile dei salumi artigianali regionali selezionati presso DOL, bottega di Centocelle grazie alla quale è possibile portare sulle nostre tavole (senza spese folli) prodotti riscoperti della nostra terra.

1)      Lardo di San Nicola con Crémant de Loire – Chateau Pierre Bise

Molti non hanno il palato pronto a tutto e non mangiano il lardo, troppo viscido, troppo grasso, troppo esagerato. Dopo aver assaggiato il lardo di San Nicola, stagionato ed aromatizzato in provincia di Latina da pochissimi allevatori, anche i più scettici si sono ricreduti. Delicato e saporito, si mangia senza problemi anche da solo, risultando di una consistenza perfetta. Accompagnato al pane o alla pizza ovviamente prende sostanza e diventa un amuse-bouche quasi di lusso se abbinato al Crémant de Loire di Pierre Bise, un metodo classico da Chenin Blanc che, come in tutti i vini del geniale produttore di Savennieres, esprime al massimo le potenzialità infinite di questo vitigno, dando vita ad un insieme di freschezza, mineralità, complessita e generale gradevolezza. E’ uno spumante che non ha nulla da invidiare a qualche bollicina altisonante dal prezzo molto più elevato.

2)      Prosciutto di Campo Catino con Sassaia 2009 – La Biancara di Angiolino Maule

Una triste storia quella dei nostri prosciutti, confinati in anonimi banconi e marchiati chissà dove a tradire un’origine di cui non si hanno praticamente garanzie. Maiali che fanno il giro del mondo prima di arrivare a Parma o a Norcia o a San Daniele, venduti a prezzi spesso esosi e la cui qualità è un terno a lotto. E pensare che in tanti angoli d’Italia esistono tradizioni storiche di produzioni di prosciutto, come quella di Campo Catino, nel frusinate, che si distingue dal vicino (ed ottimo) Guarcino per un sapore più dolce e soprattutto perché i migliori sono destinati ad una leggera affumicatura con bacche di ginepro, come nel nostro caso. Un prosciutto che costituisce una portata a se stante ed il cui gusto intenso ma gentile richiama un bianco dalle simili caratteristiche. Il Sassaia di Maule, il guru dei vini naturali in Italia, con la sua leggera maturazione sulle bucce, la rotondità della Garganega ed il carattere del territorio intorno a Gambellara, viene ad hoc. Un vino che non stanca mai e con il quale si può pasteggiare senza sosta. Non ha aggiunta di solforosa quindi anche i rischi di mal di testa sono scongiurati.

3)      Salsiccia di Monte San Biagio con Rosso Frizzante 2009 – La Stoppa

Salame e vino rosso frizzante, d’altronde generazioni di emiliani che hanno bagnato col Lambrusco i loro culatelli e le loro mortadelle non erano degli sprovveduti. Un po’ di carbonica sgrassa la bocca ed il tannino leggero fa il resto, lasciando una sensazione di appagamento che a volte nessun piatto cucinato riesce ad offrire. L’omaggio alla tradizione lo facciamo deviando leggermente di strada, arriviamo nei Colli Piacentini, dove La Stoppa, azienda biodinamica Triple A, produce ottimi vini locali senza aggiunta di solforosa. Anche in quella zona il rosso frizzante è storico, ottenuto da Bonarda e Barbera, si chiama Gutturnio ma La Stoppa ha deciso da un paio di annate di uscire dalla DOC e chiamarlo semplicemente Rosso Frizzante. Che dire, è un vino dalla bevibilità compulsiva, dal frutto in evidenza corroborato dalla giusta acidità e dalla insospettabile morbidezza. Accompagna egregiamente la salsiccia, il cui sapore, forte ed elegante, carnoso e speziato, è difficile da descrivere a parole. Un’esperienza da fare.

4)      Susaniella con Il Secondo di Pacina 2009 – Pacina

La susaniella è un must, un cavallo di battaglia di DOL, salume stagionato prodotto con varie parti del maiale (interiora incluse) dal gusto intenso e persistente. Non a caso è un presidio Slow Food ed è una rarità che bisognerebbe provare almeno una volta nella vita. Ci abbiamo bevuto un vino contadino nel vero senso della parola, Il Secondo di Pacina, una sorta di Chianti giovane che i Pacina producono a Castelnuovo Berardenga con il 97% di Sangiovese ed una manciata di vitigni classici di supporto. Vigne giovani, regime biodinamico, nel calice si sentono tutte le marce del Sangovese, la terrosità delle sue piante, la spinta complessa dei suoi aromi e la cavalcata gioviale del suo crescere in bottiglia. Un vino da merenda che sa in realtà esprimersi anche su piatti più complessi, riportandoci un po’ indietro nel tempo, a come un Chianti dovrebbe essere sempre.

5)      Ciauscolo stagionato con Elise 2009 – Moulin de Gassac

Abbiamo iniziato dicendo che il lardo non piace a molti, finiamo dicendo che è invece abbastanza difficile trovare chi non gradisce il ciauscolo. Quello spalmabile, marchigiano ma ormai prodotto anche altrove, è diventato oramai un prodotto industriale ed occorre saper fare differenza tra ciauscolo e ciauscolo. Nel viterbese invece si produce il ciauscolo stagionato, il cui gusto ricorda quello del cugino vissano ma la cui consistenza è ben più ferma, da mangiare a morsi assaporandone i tanti strati di sapore. Un salume dalle caratteristiche così intense ci porta a bere l’unico vino della serata che vede un po’ di legno. Si tratta dell’Elise di Moulin de Gassac, prodotto in Languedoc da Aimè Guibert, colui che non si è mai voluto piegare alle grandi multinazionali che insistevano per acquistare i suoi vigneti. La linea “Moulin” indica qui vini che vengono dalle vigne circostanti il “Mas” che dà il suo pregiato rosso di punta. Con Merlot e Syrah in quasi uguale percentuale, il vino riesce nel difficile compito di equilibrare le caratteristiche dei due vitigni, tra femminile fruttosità e sbarazzina speziatura. E’ un vino che fa sapiente uso dei 9 mesi passati in barrique, i quali non snaturano di un minimo la sua genuinità e la sua identità mediterranea. Può crescere per 4-5 anni e si può godere in vari modi, dai salumi fino a delle belle grigliate.

Insomma, abbiamo iniziato alla grande e un abbraccio va a tutti quelli che hanno reso la serata della speciale....ora l'appuntamento è al 30 ottobre con i vini ed i sapori di Spagna, un altro bel viaggio elettrizzante. Vi aspetto!