martedì 19 aprile 2011

Le follie del Vinitaly


Per spiegare il Vinitaly a chi non c’è mai stato, suggerisco di pensare ad un gigantesco luna park nel quale però per accedere alle attrazioni più importanti c’è bisogno di una raccomandazione di quelle grosse. Oppure bisogna essere un politico, un attore famoso, un imprenditore con le tasche piene. Il Vinitaly è così, solo che le attrazioni sono i vini e quelle più importanti sono le aziende produttrici dei vini tribicchierati, cinquegrappolati o superstellati il cui prezzo, quando sotto le tre cifre, non comincia mai con un numero più basso del sette. Per fortuna, almeno nel mondo del vino, non sempre le attrazioni più importanti sono quelle migliori. Ma metafore a parte, vi racconto la mia avventura (di un giorno) al Vinitaly 2011.

Per la prima volta decido di sfidare la folla e di andarci di sabato. Arrivo col regionale da Cerea, a Verona sembra estate e la navetta gratuita che dalla stazione porta in fiera è come sempre strapiena. Alle 10,30 circa, mezz’ora dopo l’apertura dei cancelli sono dentro, non prima di essermi gustato le solite patetiche scene in cui centinaia di produttori vengono chiamati al cellulare da avventori amici-parenti ed amici di amici ai quali è stato promesso un ingresso gratuito che faccia evitare il pagamento di 45 lauti euri per il biglietto giornaliero. E’ un fiorire di braccia alzate, di segni di riconoscimento, di salti tra la folla che nemmeno al San Paolo quando c’era Maradona. Inevitabile, divertente ma anche frutto di confusione che si aggiunge a quella che già comunque ci sarebbe. Forse è il caso di abbassare il prezzo del biglietto? Io la butto là.

Dopo il primo anno in cui ho vagato per ore senza metà e tuffandomi nei primi stand disponibili, ho capito due cose del Vinitaly: è fondamentale farsi uno schema dei produttori che si vogliono visitare, servendosi anche del funzionale sito della manifestazione che indica il posizionamento di tutti gli stand, ed è quasi necessario girare per i padiglioni da soli. Se si va in gruppo, la cosa migliore è dividersi e darsi un appuntamento a pranzo o a fine giornata, perchè per quanto si possa condividere l’interesse e la passione, ci sarà sempre qualcuno tentato da qualcosa che all’altro non interessa e alla fine si finisce per arrivare a fine giornata senza aver visitato nemmeno la metà delle aziende messe in programma.

Pragmatico quale sono, ho cominciato il mio giro e già di prima mattina tra un padiglione e l’altro e tra gli stand campeggiavano pseudo-veline con mise incommentabili, spesso marchiate con il brand vinicolo di turno, meglio se argentato, dorato o fluorescente. Sobrie come il pecorino nel caffè latte, queste eno-modelle sembravano attirare l’attenzione di molti di quei visitatori casual che al Vinitaly vengono solo per inciuccarsi e magari rimediare i contatti per una bella serata sul Lago di Garda. Come vedete, di vino sembra quasi difficile parlare perchè il Vinitaly è soprattutto questo, insieme a business-men incravattati che accedono nei dietro le quinte degli stand più lussuosi, forse per fare affari o public relation, sicuramente per farsi belli bevendo i vini top di cui sopra che voi umani, anche se avete pagato i famosi 45, non potete neanche immaginare.

Fortunatamente sono passati i tempi in cui andavo a caccia disperata di un sorso di Sassicaia o di un Barbaresco Gaja (si lo ammetto, quei tempi ci sono stati, è il prezzo da pagare per l’indottrinamento post-corso AIS). Sul mio personalissimo cartellino avevo segnato alcune aziende che volevo scoprire più da vicino, magari perché avevo conosciuto i loro vini in una sola occasione, o perché amici fidati me ne avevano parlato bene o semplicemente perché mi incuriosivano. Ho approfondito una zona vinicola campana molto vicina a Roma e pochissimo nota, quella di Galluccio, della quale sottolineo i be prodotti di Porto di Mola, aglianici che nulla hanno da invidiare a quelli di zone più rinomate ma con prezzi decisamente più accessibili. Ho iniziato la giornata con piacere vagando per gli stand del Trento DOC, dove ho trovato molti sorrisi e molta cordialità oltre a piccole chicche spumatistiche di aziende dai numeri esigui quali Revì e Letrari. La ricerca di frizzantini di classe è continuata nel padiglione dell’Oltrepò Pavese dove devo dire di non aver trovato la stessa simpatia trentina, specialmente nello stand del Consorzio della DOC dove un supponente sommelier, probabilmente reclutato in loco, alla mia richiesta specifica di un vino mi ha risposto a mezza bocca senza quasi guardarmi “non ho bicchieri puliti”. Credo che si commenti da solo.

Molto meglio invece nel mantovano, dove da Cà Roma e alla Cantina Sociale di Quistello ho trovato ulteriori conferme nella qualità del lambrusco di questa zona, elegante e rustico il giusto. Tra l’altro di Cà Roma notevoli anche i due metodi classici. Passaggio veloce nella Toscana meno rinomata, con due perle: la Cantina Cecilia, dell’Isola d’Elba e Macea nel maremmano. La prima cantina esprime i vini isolani in maniera elegante e sincera, la seconda traduce con la biodinamica la qualità di un territorio troppo spesso sfruttato male. In entrambi i casi, gentilezza e passione hanno accompagnato la degustazione. Prima di chiudere non potevo dimenticare un giro nel padiglione del Lazio, non solo per spirito campanilistico ma anche per testare la situazione della mia regione a livello nazionale. Al solito l’affluenza è maggiore in altre regioni ma ho visto qualcuno interessarsi anche a realtà in grande crescita. Su tutti cito i grandissimi Cesanese di Olevano di Damiano Ciolli, la bella gamma di Marco Carpineti (ottimo il brut da bellone!), ed i confermati Chardonnay di Paolo e Noemia D’Amico.

Il tempo passa veloce e la temperatura si alza inesorabilmente, dopo la pausa pranzo con panino comprato prima all’esterno per evitare il salasso dagli stand della fiera, l’energia cala ed alle 15,30 mi sono avviato verso l’uscita, mentre anche le veline accusavano il precoce avvento dell’estate veneta e si siedevano alla prima ombra noncuranti del look e degli sponsor che avevano appicicati addosso. Nel frattempo per me, navetta-stazione e treno verso l’hotel preso al volo che più al volo non si può. In mente la sensazione del caos, della fatica, della lista che mi sono fatto e della quale non sono riuscito a percorrere nemmeno metà cammino. Ma chi me lo fa fare, mi chiedo, come ogni anno. E come ogni anno già so che il prossimo sarò di nuovo qui.


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