domenica 1 maggio 2011

Madiran Prestige 2005 - Montus


Alcuni personaggi del mondo del vino diventano tali per motivi più folkloristici che altro. Cosa che in realtà avviene spesso anche in altri campi. Nell’era della comunicazione ad infinite sfaccettature conviene più essere Mourinho che Zeman. Ma tra i tanti eno-mou in giro per il mondo, c’è ancora spazio per chi diventa un personaggio per ragioni legate alla filosofia di lavoro ed ai suoi risultati nella bottiglia. Uno di questi è senza dubbio Alain Brumont, personaggio di cui in pochi saprebbero delineare un identikit ma i cui vini sono invece sulla bocca di tanti appassionati ed addetti ai lavori. Ed al di là della qualità degli stessi, il solo fatto di far entrare nel gotha dei grandi un appelation misconosciuta come Madiran è di per se un traguardo da sottolineare col miglior UniPosca.

Siamo in quella regione che i francesi chiamano semplicemente Sud Ovest, senza lasciare dubbi sulla sua posizione nell’esagono transalpino. La nobiltà di Bordeaux è poco più a Nord, lo spirito mediterraneo della Languedoc-Roussillon poco più ad est, insomma ci sarebbero tutti gli ingredienti per tracciare la mappa della terra di nessuno. Ma è proprio in queste terre che i personaggi del vino – quelli veri – trovano la loro dimensione. E’ in queste terre che entra in gioco Alain Brumont. E’ stato lui, rilevando delle vigne nel 1980, a dare nuova importanza al Tannat, vitigno semi-dimenticato che nei suoi rossi riesce ad esprimere l’eleganza e la potenza, mentre prima veniva considerato troppo astringente ed amaro, buono solo per diluire altri vitigni. Nella sua produzione che ormai raggiunge quasi le 500mila bottiglie annue, ci sono due gamme ben distinte. Innanzitutto, quella a nome Bouscassè che si concentra su prodotti rustici e molto tipici, tra cui i bianchi a denonimazione Pacherenc du Vic Bilh da vitigno Petit Courbu, anch’essi riportati a nuova vita,  e rossi a prezzi piuttosto bassi. Poi c’è la linea superiore targata Montus, che si concentra sui rossi di prestigio, ottenuti da selezioni e da vecchie vigne. Tutti i terreni sono curati con la “lutte raisonnèe”, cioè un metodo che prevede l’uso della chimica solo se strettamente necessario.

Qualche giorno fa a pranzo ho stappato il 2005 del Montus Prestige, l’intermedio della gamma, quello che molti considerano persino migliore dell’etichetta top La Tyre, che ha un prezzo importante (siamo intorno agli 80 euro in enoteca in ITA). Il Prestige invece sta poco sotto i 20 ed è composto totalmente da Tannat. Lo conservavo da qualche anno, mi sembrava il momento giusto per aprirlo. Purtroppo sono stato frettoloso.

Sapevo che la 2005 era stata un’annata particolarmente favorevole anche in questa zona della Francia, non solo in Borgogna ed a Bordeaux dove i grandi rossi daranno il loro meglio non prima del 2020. Bè, questo Montus non sarà di tale longevità ma al momento dell’apertura era ancora piuttosto squilibrato verso le note derivate dal passaggio in legno, dove il vino, oltre ad effettuarvi entrambi le fermentazioni, sosta per circa 15 mesi, il tutto in barrique per metà nuove. Al naso quindi si percepiva soprattutto vaniglia e spezie dolci facendo virare il vino verso note inevitabilmente ammiccanti. Il tempo nel bicchiere, spesso necessario in questo tipo di vini, non faceva cambiare di molto la situazione. Qualche nota scura di frutta rossa e di pepe faceva capolino ma era sempre la parte dolciastra ad avere il sopravvento. Al gusto, pur seguendo la scia dell’olfatto, era ammirevole l’equilibrio: il vino risultava essere morbido ma non pesante o stucchevole, a dimostrazione di una bella qualità di materia prima, proveniente per altro da vigne di 25 anni. Una buona acidità di base, un nota alcolica ben amalgamata, un sapore piacevolissimo ed una gran bella pastosità rendono questo vino importante ma facile da bere. Di sicuro siamo nel campo dei vini dallo stile moderno, che farebbero contenti coloro che entrano in enoteca e con l’aria da esperti chiedono “un rosso barriccato”. Ma non è un vino che stanca, anzi. La bottiglia è finita in un attimo, accompagnando l’arrosto con le patate. Sicuramente questa sua morbidezza si smusserà tra un po’ di tempo, credo che troverà il suo equilibrio tra 5 anni. Ciò però non significa che ora non sia buono. Non è il vino della mia vita ma se me ne offrite un bicchiere me lo bevo volentieri. E se me ne capita un’altra bottiglia la faccio riposare per un po’. Poi magari ne riparliamo.

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