domenica 14 dicembre 2014

Nigrum 2011 - Podere Veneri Vecchio

Dice "eh ma l'aglianico è il barolo del sud", oppure "no io l'aglianico non lo considero proprio", e ancora "l'aglianico va bene se ci mangi piatti pesanti ed abbondanti". Sarà, ma io in questi anni di assaggi ho capito due cose sull'aglianico: che è un vino di cui si "dice" troppo e che soprattutto si bevono troppo spesso gli aglianici sbagliati. Tutto il resto è un mistero, ma un mistero bello, da scoprire con curiosità ed entusiasmo, come le zone in cui questo vitigno dà il suo meglio, dal Vulture al Taurasi, dal Molise al Sannio. Zone che non fanno nulla per farsi piacere ma che hanno tanto per essere amate.

Oggi mi soffermo proprio nel Sannio, per un aglianico del beneventano prodotto da una delle cantine più interessanti in cui io mi sia imbattuto negli ultimi anni: il Nigrum di Podere Veneri Vecchio.

Raffaello Annichiarico, l'agronomo e deus ex machina dell'azienda, non utilizza giochi di parole o aforismi, e non ha paura di etichette per descrivere i suoi vini. Li chiama vini naturali, perchè "il presupposto della cantina è quello di salvaguardare la terra, le piante e l'uomo lavorando con prodotti che non compromettono l'ambiente nella sua più ampia concezione". Il concetto del tempo è spesso sottolineato quando si parla di viticoltura e produzione di vino in generale, laddove si concepisca come attesa, pazienza, o svolgimento di fasi della vita. Un approccio filosofico e poetico che rende le parole per descrivere i vini assaggiati poco consone per darne un senso totale. Ci provo comunque, perchè qui si lavora bene, e ciò che finisce nel bicchiere è sempre di piacevolezza ed interesse unici.

Il Nigrum si potrebbe definire l'aglianico "base" della cantina, seppur non si debba pensare ad un vino incapace di invecchiare o tanto meno destinato ad un uso blando. Parliamo comunque di un cru dal vigneto di Castelvenere, a 250 m sul livello del mare, contatto sulle bucce per circa trenta giorni, lungo affnamento in acciaio e passaggio finale in barrique usate. Ovviamente lieviti indigeni per la fermentazione ed in cantina (seminterrata) il fresco è garantito naturalmente, senza controllo della temperatura. Se ne ottiene un aglianico di spiccata acidità, evidente nota terrosa e frutto che sembra quasi proteggersi in una cupa membrana fatta di note inchiostrate, vinosità e sottobosco. E' un vino che si fa bere con estrema facilità e che cerca il cibo senza essere troppo pretenzioso. Versatile a tavola, io l'ho apprezzato sia con pasta al forno che con il bollito di manzo.

Insomma, il Nigrum non vi svelerà i misteri dell'aglianico e sicuramente non vuole farlo. Bevendolo potrete assaporare tutta l'essenza di questo vitigno e del suo territorio, capaci di spiazzare, sorprendere e sopratutto, farvi stare bene.

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