sabato 21 febbraio 2015

Trebbiano d'Abruzzo 2009 - Emidio Pepe

Normalmente non mi avventuro in descrizioni di vini di cui si parla spesso un pò ovunque, anche se sono vini che magari apprezzo. Nè per snobismo, nè per una forzata ricerca di orginalità ma semplicemente perchè su certi vini si dice tutto ed il contrario di tutto quindi io mi limito, quando posso, a berli ed eventualmente ad apprezzarli. Ma il Trebbiano di Pepe è un caso diverso, perchè pur essendo uno di quei vini nell'orbita del circuito "naturale" che si può considerare "trasversale", visto che piace quasi a tutti, è un vino mai banale, che in ogni annata dona sensazioni diverse e che a seconda del momento in cui è aperto può andare in una direzione piuttosto che in un'altra.

Su Emidio Pepe c'è poco da aggiungere a ciò che si sa, è senza dubbio il personaggio vivente più importante del vino abruzzese, ed insieme ai compianti Valentini e Masciarelli ha fatto la storia vinicola di questa regione. Nella sua cantina, ben guidata da tutta la famiglia con la sempre esuberante figlia Sofia, si trovano vecchie annate sia di Trebbiano che di Montepulciano e le occasioni per fare delle verticali sono frequenti e sempre piene di interessanti spunti. Pionieri della viticoltura biologica, i Pepe hanno sempre lavorato "come campagna comanda" e nelle vigne sulle colline di Torano Nuovo, affacciate sull'Adriatico, non è entrato mai nulla di sintetico, così come in cantina non esistono lieviti selezionati e ci si limita nell'utilizzo di solforosa, rimanendo molto sotto a ciò che la legge del biologico consente.

Il Trebbiano di Pepe si può considerare tranquillamente uno dei più importanti bianchi italiani e questo 2009 lo conferma in assoluto. Timido all'apertura, il suo giallo dorato si chiude in se stesso, lasciando trapelare soprattutto la nota alcolica e leggermente smaltata che potrebbe far presagire ad un'esperienza gustativa messa a repentaglio. In realtà bastano pochi minuti per una graduale apertura che porta il calice a sprigionare pian piano tutta la sua natura fatta di frutti maturi (albicocca su tutti) poi la parte erbacea molto selvatica, un qualcosa di piacevolemente etereo sullo sfondo. Il primo assaggio dà subito prova di classe, ciò che mi ha colpito è la fusione della rusticità con la raffinatezza di un vino che riesce ad essere "grasso" ma non pesante, serio ma sbarazzino. La mineralità è sottile ma è abbondantemente corroborata dall'eleganza generale data da una morbidezza che a questo punto della vita del vino è presente con una certa austerità. 

Successivamente, dopo una buona mezz'ora di respiro nel bicchiere, arrivano evidenti note olfattive di zafferano mentre il bouquet fruttato si amplia, e dal punto di vista gustativo l'equilibrio tra le parti sembra aver raggiunto il top, con la sapidità che ha trovato lo spazio che inizialmente sembrava andarsi a cercare. E si resta con la sensazione che il vino possa ancora regalare emozioni negli anni a venire, magari evolvendo lentamente in tante sue piccole particolarità.

Fama quindi assolutamente meritata per questa cantina che dimostra come lavorando in maniera rispettosa della natura da sempre, si possano ottenere grandi vini anche da vitigni non blasonati come il neutro Trebbiano che grazie a quelli come loro viene portato a livelli altissimi. Tra i 20 e i 25 euro, un investimento da fare per chi sa godersi un grande vino senza voler essere "invaso" da opulenze legnose ed iperalcoliche, Con il consiglio di procurarsene almeno due bottiglie per apprezzare la seconda dopo una paziente attesa. Ne vale la pena.

3 commenti: