giovedì 17 febbraio 2011

Resoconto sulla serata del 13 febbraio: 4 vini per 4 formaggi.


Una delle soddisfazioni principali di chi, accademicamente o meno impara ad apprezzare il vino è senza dubbio il saper accoppiare la giusta bottiglia al cibo. Pur essendo un concetto tutt’altro che matematico, nonostante l’esistenza di appositi grafici che contrappongono le caratteristiche gusto-olfattive del piatto e del vino, il discorso degli abbinamenti enogastronomici necessita di un’analisi di base per poter almeno evitare scempiaggini che andrebbero ad annullare i sapori e tutte le sensazioni che ne derivano. Così, tra leggende da sfatare (bianco-pesce e rosso-carne non è un’equazione inevitabile ad esempio) e belle scoperte, l’approfondimento della questione porta a non poche soddisfazioni. E se sono tanti i piatti che si esaltano quando accostati ad un vino complementare, forse nulla fa raggiungere la pace dei sensi come l’abbinamento formaggio-vino.

Non si poteva quindi non affrontare il piacevole argomento in una delle nostre serate, ormai appuntamento fisso di ogni mese, in cui un tema specifico diventa lo spunto per degustare, condividere impressioni e passare qualche ora in compagnia. Quattro vini per quattro formaggi perché se di solito sono i vini ad essere i protagonisti dei nostri incontri, nella logica degli abbinamenti questi devono seguire il cibo e non precederlo. In fondo, chi è che decide cosa cucinare secondo il vino? Di solito si fa il contrario e poi si sceglie il vino più giusto. Allora, la scelta è caduta su quattro formaggi, di diversa fattura e provenienza e poi sui vini che ne avrebbero esaltato il sapore. Ed ecco allora gli abbinamenti della serata:

1)    Morbier e Cotes de Gascogne Chenin-Chardonnay 2009 Domaine Tariquet

Il Morbier è un formaggio vaccino a pasta morbida proveniente dal NordEst della Francia, precisamente dalla regione chiamata Franche-Comtè. La sua caratteristica è la striatura centrale di colore grigiastro, che potrebbe richiamare alle muffe degli erborinati ma che in realtà è puramente visiva e presente solo per rifarsi alla tradizione che voleva il formaggio separato in due strati da carbone e poi unito. Oggi si provvede a questa caratteristica con carbone vegetale. Saporito, grasso, si scioglie in bocca regalando note erbacee e lattose. L’abbinamento con il vino di Tariquet, cantina nel cuore dell’Armagnac, risulta vincente perché l’esile strutura del vino non copre la delicatezza del formaggio mentre l’aromaticità dello Chenin ne arrotonda il gusto. Lo Chardonnay dà la profondità che porta ad un finale in armonia nell’insieme di sapori. E’ un vino che fa della piacevolezza la sua forza, dell’eleganza il suo vanto. Giovane e fresco, è adatto per ogni occasione, dall’aperitivo alla cucina di pesce e fa dimenticare ogni pensiero sorso dopo sorso.

2)    Toma Piemontese di Alta Montagna e Dolcetto D’Alba A Elizabeth 2009 Cascina delle Rose

La toma è un formaggio che spesso sorprende chi non lo conosce perché dall’aspetto potrebbe sembrare un’innocua caciottina invece il suo sapore è intenso e caratteristico. In particolare, questa di alta montagna dimostra mordente e struttura, pur rimanendo nell’ambito di una generale gentilezza gustativa. Né dura né morbida, lascia in bocca un ottimo ricordo. Ancor di più se accoppiata al suo compagno di merende, nel vero senso della parola, quel Dolcetto che proviene proprio dagli stessi luoghi e che è il vino del cuore dei contadini langaroli. In questa versione di Cascina Delle Rose, privo di ogni additivo e non filtrato, è assolutamente paradigmatico di questo bistrattato vitigno. Frutta rossa, di bosco, vagamente terroso, in bocca sa essere di carattere senza essere invadente, con un tannino elegante ed un bel ritorno fruttato. Va a nozze con la toma, quasi amalgamandosi al suo gusto e fondendosi in un’unica entità. Magia di un territorio capace di regalare sempre nuove emozioni.

3)    Pecorino Cenerino della Tuscia e Ishac 2009 Porta del Vento

Una delle tante glorie casearie della mia regione, il Pecorino Cenerino, massaggiato appunto con la cenere durante l’affinamento, è un prodotto storico della Maremma Laziale, prodotto artigianalmente e stagionato almeno per un anno. E’ un pecorino leggermente occhiato, di color giallo chiaro con le classiche caratteristiche gusto-olfattive del latte di pecora, quindi pungenza e profondità, ma bilanciato da una bella delicatezza al palato. Finale lungo in bocca che rimane ovviamente pastosa  e richiede un rosso di buon corpo ma non troppo tannico per evitare uno scontro di durezze. Fa al nostro caso questo esemplare Nero d’Avola di Porta del Vento, una cantina dai metodi completamente naturali che nel suo Ishac porta questo nobile vitigno ai livelli che gli competono: niente marmellate alcoliche, semplicemente frutto, mineralità e grande bilanciamento tra morbidezza ed acidità. Evolve nel bicchiere a testimonianza della genuinità del prodotto e accompagna il pecorino senza sovrastarlo in struttura, bensì accrescendone le qualità. Un incontro felice tra due terre dai grandi sapori.

4)    Gorgonzola Naturale di Novara e Monbazillac 2007 Chateau Le Fagè

Eccoci all’incontro scontro tra muffe. Detta così sembra una cosa brutta, in realtà si parla della muffa del gorgonzola che incrocia quella “nobile” di un Monbazillac. L’erborinato novarese, da mangiare al cucchiao, fonde cremosità e carattere nella sua tipica nota forte, tra il piccante e la tendenza al dolce, Quasi obbligatorio l’abbinamento con un vino dolce, per contrastarne la spiccata aromaticità. Più che un Marsala o un Porto, più adatti ad erborinati più decisi, la delicatezza del muffato del Sud-Ovest francese si rivela perfetta. Classiche note di zafferano e di spezie orientali al naso, eleganza e gusto infinito in bocca, dove la dolcezza, seppur presente, non prende mai il sopravvento. I sapori si incontrano bene a conferma di una collaudata serie di abbinamenti tra questi particolari – e gustosissimi – alimenti. Dire di no ad entrambi è particolarmente difficile quindi declino tutta la responsabilità in caso di dipendenze.

Questo è tutto. Un ringraziamento particolare a tutti i presenti per lo spirito dimostrato e per creare come sempre un’atmosfera piacevole e di convivialità. Vi aspetto per il prossimo appuntamento con i vitigni autoctoni del Lazio, il 27 marzo. Salute!



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