martedì 15 febbraio 2011

Vini Naturali a Roma


Una delle più belle frasi che ho letto sul vino, e forse sulla vita in generale è quella di Ampelio Bucci, l’artefice della rinascita del Verdicchio, e diceva “Io evolvo all’indietro”. Ovviamente con questo paradosso lui intendeva definire il ritorno alle vecchie tradizioni nel produrre vino senza finire schiavo dei dettami di plastica del mondo moderno. Questa frase, con molta umiltà e con il dovuto rispetto per un lavoro duro come quello del vignaiolo, la posso tranquillamente applicare alla mia “carriera” di appassionato degustatore. Evolvo all’indietro perché se una volta non mi perdevo una manifestazione, una presentazione o un incontro, ora ho diminuito in maniera drastica le scelte perché mi sono stancato dei cotillons che accompagnano certi eventi dove il luogo, le luci, le conoscenze ed i grandi nomi contano molto più del vino. E’ proprio per questo motivo che non mi perdo mai Vini Naturali a Roma, un’occasione in cui Tiziana Gallo riesce a coinvolgere moltissimi nomi della viticoltura naturale in una due giorni che per certi versi è una sorta di anteprima delle due fiere ufficiali che si svolgeranno in Veneto un paio di mesi dopo, VinoVinoVino e VinNatur, con in più il pregio di riunire i produttori delle due associazioni sotto lo stesso tetto, insieme a qualche illustre outsider.

Parlare di vini naturali significa avere a che fare con vignaioli che hanno deciso, chi in maniera netta chi pian piano, di non utilizzare prodotti chimici, farmaci e quant’altro non sia appunto naturale in vigna ed in cantina. Significa avere a che fare con vini dal sapore spesso antico, dove le uve bianche vengono vinificate volentieri a contatto con le bucce, dove spesso i tini sono aperti, dove non c’è quasi mai filtrazione, dove la solforosa è ridotta al minimo se non addirittura assente. Sembrano pratiche bizzarre fatte per la voglia  di stupire, in realtà è una sorta di ritorno alle abitudini di una volta, quelle che c’erano prima che l’industria prendesse il sopravvento, ovviamente messe in pratica con l’attenzione alla qualità che nell’ingenuità dei vecchi contadini a volte faceva difetto. E’ un mondo che sta acquistando consensi ma che ha ancora molti detrattori, non solo nella larga cerchia dei paladini del gusto globale ma anche tra gli scettici i cui dubbi derivano dalle strane note olfattive che alcuni di questi vini hanno, dalla loro presunta voglia di stupire a tutti i costi, dai loro prezzi a volte piuttosto alti.

Ci può essere del vero in ognuno di questi punti perché anche tra i vini naturali ci sono produttori maldestri, che approfittano del fatto che “è tutto in mano della natura” e imbottigliano vini con puzze inaccettabili o che ancora peggio fanno uscire il loro prodotto-base ad oltre 30 euro franco cantina perché “essere bio costa”. Tutto vero ma dai miei ultimi sostanziosi assaggi devo dire che questa percentuale è sempre più bassa e non credo di essere imparziale nel dire che questi vini, oltre ad avere il pregio non da poco di esser sani, siano probabilmente da inserire nella fascia delle cose migliori oggi presenti su scaffale. Un’impressione che mi è stata confermata dall’edizione 2011 di Vini Naturali a Roma.

I produttori presenti erano oltre 80 quindi fare un resoconto generale è sostanzialmente impossibile, di conseguenza mi limiterò a parlare di chi mi ha più colpito, senza nulla togliere a chi non citerò, per motivi di spazio, di memoria, di tempo. Tra le conferme, il Prosecco Sur Lie di Casa Coste Piane, che nell’eleganza sembra avvicinarsi sempre di più ad un grande metodo classico senza togliere nulla alla sua splendida rusticità. Poi Emidio Pepe ed il suo Trebbiano d’Abruzzo di cui ho potuto ancora una volta apprezzare l’evoluzione nel tempo grazie all’assaggio di tre diverse annate. Angiolino Maule è uno dei guru di questo tipo di vinificazione e parlare dei suoi vini in questi ambienti è come sfondare una porta aperta ma non posso non sottolineare le emozioni delle sue Garganega macerate, con una nota di merito per un ottimo Sassaia. Vulcanico come al solito Gianmarco Antonuzzi dell’azienda Le Coste di Gradoli, il cui Bianco 2009 (in anteprima) è parso già in gran forma ed i suoi Litrozzi non sono solo divertenti e ben ideati ma anche gustosi e rappresentativi di un territorio spesso violentato. Il mio debole per Paraschos ha trovato altro supporto grazie all’assaggio della sua magnifica Ribolla, del magnetico Ponka e dell’affascinante Not, Pinot Grigio macerato sulle bucce, quindi un rosè a tutti gli effetti. In Friuli menzione d’obbligo per Franco Terpin e i suoi bianchi di straordinario equilibrio, così come per la Sicilia non si dimenticano mai gli Etna sia bianchi che rossi di Graci. Tra i nomi consolidati, impossibile non citare Ciro Picariello, che al suo paradigmatico Fiano di Avellino che nelle vecchie annate è ancor più magico, ha aggiunto un Greco di Tufo tutto da gustare che, come per il suo “cugino”, riconcilia con la denominazione. Non spendo parole per i tanti barolisti presenti, tutti produttori a cui manifestazioni come questa servono a rafforzare un’identità che gli appassionati hanno da tempo ben presente quando si ha voglia di bere Nebbiolo nella sua pura essenza: Rinaldi, Cavallotto, Cappellano e Principiano, interpreti seri di uno dei più grandi territori vinicoli mondiali.

Passo ora a quei nomi che invece, almeno per quanto mi riguarda, hanno riservato nuove emozioni. Un bianco che mi ha particolarmente colpito è stato quello proposto dal produttore del vicentino Daniele Portinari, scuola Maule, il cui originale Pinot Bianco macerato aveva un bilanciamento invidiabile tra leggerezza e struttura, senza mai risultare indigesto o fuori posto. Eccezionali le espressioni di Sicilia di Nino Barraco che ha presentato bianchi, a base Grillo o Catarratto, territoriali e di grandi sapore e dei rossi di grande stile, soprattutto quelli a base Nero d’Avola compreso un commovente passito. Di questo spesso abusato vitigno ho apprezzato molto anche i vini di Porta del Vento, che vinifica con successo anche Perricone in purezza e fa un Catarratto macerato veramente impressionante. Poi da Sarzana, nella DOC Colli di Luni, sono andato fuori di testa per i due Vermentino di Santa Caterina, sia quello vinificato in bianco, delicato e saporito, che quello macerato, di sorprendente eleganza. Una sottolineatura particolare, anche per la simpatia, va a Carussin, le cui diverse Barbera proposte rendono onore a questo vino dall’importante tradizione. Tra l’altro “di famiglia” anche la produzione dell’ottima birra Clan Destino!, una finta lager, in quanto bionda ma ad alta fermentazione. Per i Dolcetti invece cito su tutti Cascina delle Rose, della quale ho apprezzato anche un bel Barbaresco Rio Sordo. Ho avuto anche modo di assaggiare quello che sta diventando a grandi passi il miglior Syrah italiano, prodotto da Stefano Amerighi in quel di Cortona, il nostro piccolo Rodano. Ho apprezzato la continua ricerca di piccoli produttori francesi de Les Caves de Pyrenes, tra le cui proposte questa volta mi è particolarmente piaciuto il Vouvray La Dilettante di Bruton, oltre all’Insolite, Saumur-Champigny del Domaine Roches Neuves che già da un po’ è nella mia lista degli intoccabili. Chiudo con un vino dolce di grande livello, la Malvasia delle Lipari di Lantieri, piccolissima cantina, unica nell’isola di Vulcano e produzione limitatissima per un nettare da cercare a tutti i costi tant’è buono.

Tanti sono poi i nomi che dimentico e mi dispiace, purtroppo il tempo a disposizione per questi eventi non sembra mai essere sufficiente e la stanchezza, sia fisica che gustativa, sopraggiunge sempre prima del previsto. Spero di poter aggiungere altri nomi alla lista in occasione delle prossime manifestazioni a Cerea e Villa Favorita. Nel frattempo rimane il ricordo di una bella giornata passata in un’atmosfera conviviale in cui la passione per la vigna e per il vino trapelava da ogni stand. Nei tempi in cui spesso conta solo l’apparenza, è una bella soddisfazione.

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