martedì 4 gennaio 2011

Sous Les Cailloux Des Grillons 2008 – Clos du Gravillas


Questa è la mia personale sorpresa dell’anno appena conclusosi. Anche se è molto divertente, a me non piace fare le classiche graduatorie finali però nella mente rimane sempre una lista di cose che mi hanno colpito e che in qualche modo hanno lasciato il segno. Ecco, se dovessi fare una sorta di classifica dei miei vini dell’anno, questo ci starebbe sicuramente dentro. Per una serie di motivi.

Il nome è poetico “sotto le pietre i grilli” ed è anche il ritratto impeccabile di quel meraviglioso spicchio di mondo che è la Languedoc, dove il mediterraneo incontra il continente ed i colori sono magici, così come tutto quello a cui fanno da contorno. Il Clos du Gravillas prende il nome dai sassolini che compongono i terreni, rendendoli ricchi di calcio. E’ una piccola azienda di 6 ettari coltivati in agricoltura biologica dalla giovane coppia Nicole e John Bojanowski, i quali si curano dei vigneti dove sono coltivate 13 varietà di uve, una diversità molto comune in questa regione francese. Tutto è fatto nella semplicità più assoluta, l’uva viene addirittura pistata con i piedi ed ogni volenteroso appassionato è ben accetto per contribuire alla pratica.

Le etichette dei loro vini, come i nomi degli stessi, continuano a raccontare quei luoghi, con una mezzaluna come immagine simbolica che conduce a sfumature tra il blu e l’ocra. E’ solo per il vino che vi racconto ora che lo sfondo diventa nero, notturno, forse proprio perché si vuole lasciare un tocco di mistero. “Sous Les Cailloux” è uno dei due soli vini su sette a nascere da un uvaggio. Gli altri mettono in evidenza le caratteristiche dei vitigni locali in purezza, il Carignan, la Grenache, il Moscato ed il raro bianco Terret Gris. Qui invece oltre al Carignanan, vitigno che i Bojanowski puntano a valorizzare, troviamo Syrah, Cabernet Sauvignon, Mourvedre, Counoise, Grenache Noir e persino un tocco di quel Terret Gris, cioè un vitigno bianco su un vino rosso, proprio come nella antica tradizione chiantigiana.

Ne viene fuori un vino dai profumi soavi, frutta che si incrocia ad aria del mediterraneo con toni un filo scuri come la sua etichetta. Quando si gusta è incredibilmente polposo, di bevibilità da manuale con quella mineralità a renderlo vivo ed a bilanciare la bella freschezza. La frutta torna nel finale e richiama una seconda bevuta e chissà quante ancora dopo. Non c’è un vitigno che prevarica sugli altri perché a venire fuori è lo spirito del territorio, forte e semplice. E’ un vino da bere giovane o nei suoi primi anni di vita, uno di quei rossi che leggermente refrigerati possono esser godibili anche d’estate, magari su un barbecue. D’inverno invece lo accosterei ad una bella pasta e fagioli o ad una zuppa di lenticchie, magari accompagnate da un po’ di fette di pane bruscato all’olio extravergine saporito.

Ah, dimenticavo, il prezzo: questa bella bottiglia sta intorno agli 11 euro nelle nostre enoteche. Dire che ha un buon rapporto qualità-prezzo è eufemistico, così come per tutti gli altri vini di questa azienda, compreso il loro Carignan in purezza “Lo Vielh” del quale vengono prodotte solo tremila bottiglie. La denominazione è Vin de Pays des Cotes de Brian, praticamente una nicchia nella nicchia. Non lasciateveli sfuggire.

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