lunedì 20 dicembre 2010

Barolo Chinato Teobaldo Cappellano


Svilire un’intera tiplogia di vino è una missione che la produzione di massa ha portato a termine facendo parecchie vittime illustri. Il Prosecco, il Lambrusco, il Chianti, il Verdicchio, il Vermentino. E potrei proseguire. Ogni stagione c’è un nuovo malcapitato succube di un mix letale di moda, incompetenza, business e mancanza di rispetto per la tradizione e per la passione dei vignaioli seri. Troppo spesso si sente dire ad esempio “a me il Lambrusco non piace” e quando io rispondo “ma tu hai mai bevuto un Lambrusco vero?” si apre un mondo sconosciuto ai più.

Ma lottare contro i mulini a vento della grande distribuzione è una scelta difficile e faticosa. In fondo se tutti hanno accettato che il Prosecco debba essere quasi zuccherino, leggero e carico di schiuma, perché discostarsi da tale assioma? Invece per fortuna ci sono produttori che con coraggio e naturalezza lavorano per ottenere prodotti che abbiano la loro personalità, il loro gusto territoriale e tradizionale. Ora sembra esserci un nuovo nobile obiettivo nel mirino dei globalizzanti: il Barolo Chinato, che poi alla fine se vai a guardare proprio vino vino non è.

Da quando si è imparato che con il cioccolato si può bere anche altro oltre al latte o all'acqua liscia, il Barolo Chinato ha ritrovato parecchi fans. Infatti, rimanendo sull’abbinamento col cioccolato, il Porto ed il Rum hanno sempre avuto un seguito di appassionati che magari è aumentato per lo stesso motivo ma che comunque è sempre esistito. Il Barolo Chinato invece è un prodotto di nicchia a cui forse piaceva pure rimanere tale, quasi a ricordare le sue origini artigiane da medicinale casalingo. Invece ora si cominciano a vedere dei chinati di indubbia origine accanto a passiti altrettanto bizzarri sugli scaffali di molti supermercati (per inciso, io non avrei nulla contro i supermercati, anzi mi piacerebbe poter andarci e scegliere liberamente un buon vino tra la loro selezione: il problema è che al momento il 99% dei loro prodotti è del tipo descritto finora). Detto questo, per fortuna la situazione del Barolo Chinato non è ai livelli dei vini citati in precedenza ed i produttori seri sono ancora la maggior parte. Ma è quasi unanime il coro che stabilisce quale sia il numero uno tra questi nettari: quello di Teobaldo Cappellano.

Teobaldo è morto due anni fa e nell’ultima parte della sua vita aveva partecipato attivamente ad associazioni che tutelano i vini naturali. I suoi rossi fermi, su tutti Dolcetto e Barolo, sono sempre stati noti per la loro fermezza e la loro austerità. Ma non vi è dubbio che il prodotto per cui Cappellano è più apprezzato è il suo stupendo Barolo Chinato. Base di vino Barolo aromatizzato esclusivamente con corteccia di china naturale, questo nettare emana dei sentori inconfondibili che partono dal balsamico e dal mentolato passando per i frutti scuri, la liquirizia e la terra bagnata, il tutto racchiuso in quell’inchiostrato tipico della china. Il suo rosso rubino semi-trasparente si trascina al palato avvolgendolo regalando sensazioni dolci-amare, riempiendo la bocca senza anestetizzarla, facendola quasi accarezzare da quella nota alcolica che diventa lieve in deglutizione. Il gusto rimane a lungo e richiama un sorso dopo l’altro a prova del suo equilibrio. I vini aromatizzati possono spesso stancare ed essere stucchevoli, qui invece è l’assoluto contrario. C’è il rischio concreto di fare bis e tris (ed attenzione:nascerà pure come medicinale, ma ha il suo 18% d’alcool).

Se cercate un abbinamento oltre al cioccolato fondente, vedete voi. Dando per scontato che non è un vino da pasto o tanto meno da aperitivo, a me quello che fa venire in mente è un dopo cena d’inverno con il plaid addosso o per chi è fortunato davanti al camino acceso, magari leggendo un libro, vedendo un film o ascoltando un disco. O semplicemente chiacchierando tra amici. Se poi volete provarci un buon sigaro o un erborinato come si deve, non credo ve ne pentirete. E tenete ben presente che un Barolo Chinato una volta aperto può anche durare a lungo e mantenersi vivo se ben conservato. Quindi spendeteci qualche euro in più e prendetene uno fatto bene.

2 commenti:

  1. Ciao, complimenti per il blog...non ho mai provato il Chinato di Cappellano e francamente non ho un produttore di riferimento, li ho sempre assaggiati "a domicilio". Hai altri nomi da consigliare, preferibilmente facili da reperire in giro?

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  2. Che dirti, purtroppo non è facile trovare buoni Chinati in giro, il consiglio generale è il solito, andare in un'enoteca fidata e farsi consigliare. A me piace molto anche quello di Marcarini, produttore di tutto rispetto che fa ottimi vini in generale. Ed è abbastanza ben distribuito.

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