venerdì 10 dicembre 2010

Cirò Rosso Classico Superiore A'Vita 2008 Vigna De Franco


Se andate a cercare il sito del produttore calabrese Francesco De Franco, non lo troverete. In compenso però potreste imbattervi nel suo blog, dove le descrizioni dei suoi Cirò convivono con riflessioni sul mercato globale, commenti ad eventi nazionali e persino la ricetta della zuppa alla zucca con le patate della Sila. Basterebbe questo per comprendere che il Sig. De Franco è un pesce fuor d’acqua nel mondo tutto marketing dell’industria enologica. Ma c’è molto, molto di più. Ed è tutto legato alla sua terra, Cirò Marina, Crotone, Calabria. Una terra che fa venire in mente il mare, la pesca dei tonni, le vigne di Gaglioppo lavorate da contadini con le camicie sbottonate. Una terra operaia, insomma. Eppure la denominazione Cirò è praticamente dominata da quelle tre-quattro aziende di impronta industriale, grandi nomi facilmente reperibili nei supermercati di tutta Italia, che non necessariamente lavorano male ma che spesso sembrano così lontane da quel mondo che quest’angolo d’Italia rappresenta.

Da qui parte la storia enologica di Francesco De Franco, un architetto convertito alla produzione del vino, il che è una pazzia sotto ogni punto di vista razionale e che può trovare una giustificazione solo nella parola “passione”. Passione per il vino e soprattutto per il Gaglioppo, quel vitigno che molti nemmeno sanno essere presente nel Cirò forse perché ha un nome buffo o semplicemente perché sono in pochi a chiedersi cosa c’è dentro al bicchiere che si tiene tra le mani. Il Gaglioppo è un vitigno importante, che fa soffrire i vignaioli come tutti i grandi vitigni perché bizzoso, difficilie da gestire. Eppure in tanti, come sottolinea De Franco su un suo interessante post lo trattano male, coltivandolo in territori poco adatti, probabilmente gli stessi personaggi che vorrebbero integrarlo con vitigni più facili e che stanno cercando di allargare la composizione del Cirò a Merlot e quant’altro.

De Franco, coadiuvato da sua moglie Laura, friulana ed ex operatrice turistica (“uniti dalla passione per la natura e per l’arte” è scritto sul blog) produce il suo Cirò rispettando il territorio, seguendo la natura degli eventi in vigna ed eliminando tutto ciò che è chimico. Un vino naturale quindi, definizione che diventa sempre più diffusa e meno male, aggiungo per una volta. Da poco è stata creata una seconda etichetta di Cirò, la “F36 P27” ma prima di questo nuovo nato, da De Franco si produceva solo il Cirò Rosso Classico Superiore “A’ Vita”. Vino che ho assaggiato nella sua prima annata imbottigliata, la 2008 ed ho amato in un istante. E soprattutto l’ho fatto senza sapere nulla dell’affascinante ed interessante storia di questo produttore.

E’ un vino intenso senza essere duro, né nel suo colore, un rubino leggermente scarico, né nel suo quadro olfattivo, elegante, discreto, con note terrose e di frutta rossa, leggermente speziato. Passionale ed appassionante. Ed il suo gusto è unico, con quella naturale morbidezza che va a braccetto con i possenti tannini, tocco salmastro e spalla acida di gran classe. E voglia di fare il bis ed anche il tris immediata. Mi ha fatto immediatamente pensare a come sia possibile elevare allo stato dell’arte alcune etichette che vengono perpetuamente devastate dal gusto che ci viene imposto e che fanno pensare cose sbagliate ed ingiuste. Io ad esempio ero uno di quelli che fino a qualche tempo fa giudicavo il Cirò come un vino non entusiasmante. Ah, se mi sbagliavo. “A’ Vita” di De Franco me ne dà una prova in più, probabilmente la più convincente e definitiva. Cercatelo, costa anche poco, e lasciatevi catturare da questo frutto della terra e della passione.

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